Pellizza pittore da Volpedo, di Francesco Fei
Il documentario si sofferma sulle istanze umane ed espressive del pittore, con uno sguardo alla natura che è parte imprenscindibile della sua opera. In sala oggi e domani.

Continua il progetto di divulgazione artistica di Nexo Studios che porta sul grande schermo pittori, scultori, correnti, temi e mostre per far conoscere e celebrare l’arte e vedere come questa non abbia mai smesso di parlare a noi e al nostro presente. A inaugurare la stagione 2025 è il documentario dedicato a Giuseppe Pellizza la cui firma, come per molte figure soprattutto del Rinascimento, si lega al paese natio, Volpedo, ma in questo caso oltre a essere un elemento di identificazione immediato richiama il rapporto viscerale che è intercorso negli anni con il piccolo borgo piemontese, dal 1868 quando Pellizza nacque, ai tragici eventi che lo condussero nel 1907 al suicidio.
La sua formazione, iniziata a 15 anni a Milano all’Accademia di Brera, spazia in poco tempo in diverse città: qualche mese a Roma, poi a Firenze come allievo di Giovanni Fattori grazie al quale impara a confrontarsi con lo studio del vero; e ancora a Bergamo alla scuola di Cesare Tallone che era abile nella ritrattistica. Questi importanti centri culturali non ebbero però mai una forza attrattiva nei confronti dell’artista che, anzi, percepiva su di sé l’influenza mistificatrice della città che lo avrebbe portato a perdere quella “schiettezza primitiva”, qualità fondamentale per la creazione di un’opera. Sono parole che vengono dall’epistolario di Pellizza, qui letto e interpretato da Fabrizio Bentivoglio, e che ci permettono di entrare ancora più in profondità in quel mondo e in quel passaggio tra un secolo e l’altro, così decisivo per la storia d’Italia. Prodotto e presto emblema di una società in cui si andava rivendicando una pari dignità tra ceti è Il quarto stato (1901, oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Milano), opera corale e monumentale che prende il nome proprio dalla piazza di Volpedo dove sorgeva Palazzo Malaspina, luogo simbolo del potere. È una composizione che rievoca gli albori del cinema, con questa fiumana di persone che avanza verso il pubblico quasi rompendo la parete che li separa; e non è un caso, forse, che Pellizza partì da fotografie scattate ai suoi modelli, tra cui la moglie che è in primo piano, e che l’opera venne ripresa più volte dal cinema stesso.
Il documentario di Francesco Fei, che si era già confrontato con la vita e l’arte di Giovanni Segantini, spazia anche qui indagando le istanze espressive e umane di Pellizza: non solo l’artista che dà forma alle battaglie dei lavoratori, come sottolinea Jacopo Veneziani tra gli intervistati, ma anche un fine paesaggista che, attraverso il modo di trattare la luce tipico dei divisionisti, dà valore a temi universali che riguardano l’uomo e la natura. Fei ci riporta in quei luoghi, si sofferma su quelle immagini, e ricrea anche filmati in bianco e nero dove l’artista rivive (nei suoi panni Marco Federico Bombi) trascendendo il tempo e collocando la sua opera in una dimensione moderna.
Regia: Francesco Fei
Con: Fabrizio Bentivoglio
Distribuzione: Nexo Studios
Durata: 75′
Origine: Italia, 2024