"Per Lattuada"
La morte di un grande autore del cinema italiano spinge a ripensarne la particolarità dello sguardo che nel caso di Lattuada – architetto, fotografo, cinefilo e sceneggiatore, prima ancora che regista – ha davvero praticato la versatilità e l'eclettismo.

La ricerca formale parallela alla ricerca del reale: è questa la strada che Lattuada perseguirà nel corso degli anni, sia come sceneggiatore che come regista, sin dalla sua opera d'esordio, Giacomo l'idealista (1943), la cui eleganza formale si sviluppa in una personale rilettura dei generi all'interno della matrice neorealista – come nella visione del noir ne Il bandito (1947) o in Senza pietà (1948) – o, ancora nelle opere più impegnate, inserite nella tradizione narrativa letteraria, come Il mulino del Po (1949) da Bacchelli o Il cappotto (1952) da Gogol'. Le forme dello spettacolo popolare diventano in Lattuada (e nel giovane Fellini, in questo caso co-regista, uno spazio ulteriore di sperimentazione delle forme e di svelamento di un reale sempre meno visibile e sempre più drammatico, come insegnerà la lezione di Luci del varietà del 1951). Gli anni sessanta sono anni di attraversamento delle tendenze del cinema italiano come la commedia e il giallo, ma sempre all'interno di una propria e personale concezione raffinata del cinema (si pensi alla geometrica composizione de Il mafioso o de L'imprevisto, o alla forma-commedia personalissima di Don Giovanni in Sicilia).
La ricerca di Lattuada si svilupperà ancora negli anni settanta e ottanta, tra cinema e televisione, ancorandosi ancora di più a quel pessimismo del reale che già faceva mostra di sé in Luci del Varietà. Il pessimismo della ragione diventa lucidità estrema della composizione estetica, pur mascherata da uno stile leggero: sono le opere gelide e appassionate insieme che Lattuada relaizzerà in quegli anni: Venga a prendere il caffè da noi (1970), Sono stato io (1973) e le farò da padre (1974). Il progetto neorealista si è definitivamente esaurito e Lattuada ne diventa uno dei più lucidi testimoni, pur sviluppando ancora un proprio progetto di cinema di intrattenimento e qualità, questa volta destinato alla televisione (il Cristoforo Colombo prodotto per la RAI nel 1985). Con la morte di questo protagonista di più fasi della storia del cinema italiano se ne va uno sguardo che ha rappresentato un percorso trasversale ma non solitario, capace di immergersi nelle tematiche e nelle forme del cinema per testimoniarne la vitalità o l'esaurimento, mostrando ancora una volta la complessità estetica del neorealismo e l'inutilità dei suoi clichè più logori e retrivi.
E' veramente avvilente che "Fraulein Doktor" sia una pellicola ancora priva del
DVD che assolutamente merita. Se cio' non e' vero chiedo scusa. C.P.