Perché il pubblico va al cinema a vedere i vecchi film restaurati?

Pur vivendo nella cosiddetta Streaming Age, da qualche anno sono tantissimi i classici del cinema che tornano nelle sale restaurati. Qui proviamo a tracciare limiti e potenzialità di questa tendenza

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Partiamo dall’ultima notizia: dal 27 febbraio al 1 marzo Frankenstein Junior, di Mel Brooks, torna in sala in occasione del 50esimo anniversario del film che viene restaurato e digitalizzato grazie a Nexo Digital, in collaborazione con Radio Deejay e MyMovies.it. Ma l’iniziativa legata al capolavoro comico con Marty Feldman e Gene Wilder si situa all’interno di una tendenza che nel corso degli ultimi anni è diventata così massiccia da meritare un tentativo d’analisi. L’elenco dei classici tornati in sala nel corso delle stagioni recenti, in un elenco non esaustivo, infatti va da Strade perdute, di David Lynch fino a Ladri di biciclette, di Vittorio de Sica, dai film di Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini riproposti in occasione dei centenari fino a Il padrino, di Francis Ford Coppola e Psyco, di Alfred Hitchcock. Non si tratta però di casi isolati ed estemporanei ma di corpose programmazioni che, dapprima confinati dentro i festival cinematografici, adesso sembrano aver raggiunto anche il grande successo di pubblico. I festival più importanti, come quello di Venezia e soprattutto Il cinema ritrovato di Bologna che può contare sul prezioso lavoro della Cineteca, già da tempo hanno infatti fatto del restauro e della riproposizione una delle principali ragioni di vita: solo per restare all’ultimo anno qui sono transitati Teresa la ladra, di Carlo di Palma, Le caporal épinglé (Le strane licenze del caporale Dupont), di Jean Renoir e Teorema, di Pier Paolo Pasolini. Con la riapertura delle sale dopo la pandemia, ecco che il rilancio di classici restaurati e rimasterizzati ha assunto però dimensioni ancora più notevoli. Sono naturalmente i circuiti delle grandi città italiane, Roma e Milano su tutte, ad aver spinto in maniera sistemica in questa direzione.
Al Quattro Fontane di Roma, ad esempio, storica sala del centro romano, da quest’inverno è in scena la seconda edizione di XX Secolo. L’invenzione più bella, la grande rassegna cinematografica sorta per iniziativa del Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, con il sostegno del Ministero della Cultura e in collaborazione con Circuito Cinema. Dal 4 ottobre, in quattro tranche fino al prossimo 4 giugno, quasi ogni film della composita programmazione ha avuto il pienone di un pubblico così entusiasta da sfidare anche matinèe e serali improbi: dai film di Stanley Kubrick fino a quelli di Yasujiro Ozu, da quelli di Fritz Lang a quelli di Martin Scorsese, l’iniziativa è stato un grande successo. “Quello dei grandi film restaurati si è dunque rivelata una mossa azzeccata. C’è un grande interesse per il cinema di patrimonio” – ha detto in un’intervista Marta Donzelli, presidente del Centro Sperimentale e della Cineteca. Come ricordato in questo approfondimento, però, queste operazioni sono per gli esercenti anche strategie economiche per cercare di fidelizzare un pubblico che si sta spostando sempre più verso altri modi di fruizione. Considerando che spesso è difficile e costoso trovare chi detiene i diritti delle vecchie pellicole, spesso la strada più semplice per i film nel tornare al cinema è il restauro o l’arrivo di qualche nuova versione di un vecchio film. Come conferma nell’articolo sopracitato Alessandro Rossi – regista, produttore e professore di cinema – in effetti “le operazioni di recupero e retrospettiva” degli ultimi anni sembrano essere per la gran parte merito della “grande invenzione del cinema restaurato”. La programmazione di quasi qualunque sala del nostro Paese – dalle contigue Nuovo Sacher e Cinema Troisi di Roma fino al Cinemino e Beltrade di Milano, dal Postmodernissimo di Perugia fino alle realtà locali più piccole -, in questo momento storico vede i classici del cinema entrare a far parte stabilmente delle uscite settimanali proprio per questo doveroso riposizionamento. Questo nuovo settore di mercato non potrebbe naturalmente sussistere senza la risposta del target di riferimento ed allora la domanda principale diventa: come mai nonostante al giorno d’oggi ci siano moltissime piattaforme streaming le persone vogliono ritornare in sala a vedere dei film che possono benissimo trovare da qualche parte sul web in forme più o meno legali? Possiamo innanzitutto dedurre che la gente dopo il covid-19 subisce l’onda lunga della voglia di sperimentare l’esperienza della sala dopo la prolungata e dolorosa astensione dei lockdown. O, più probabilmente, si sta assistendo ad una certa radicalizzazione sociologica dato che, anche per esperienza personale, il pubblico più interessato ai film restaurati rimane quello dei cinefili della medio-alta borghesia dei grandi centri cittadini.
Se le persone però andranno sempre più a ri-vedere molto più i vecchi film piuttosto che quelli nuovi, allora significa che il cinema sta diventando definitivamente un museo? Il pericolo, per l’invenzione più bella del XX secolo, in questo XXI secolo rischia di essere già questo.
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