Perdersi su Mubi con Chris Marker

Sono visibili su Mubi diverse opere di uno degli autori più importanti non solo del cinema francese. Proponiamo, allora, una mappa per perdercisi agilmente tra memoria e oblio

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“Mi scriveva dall’Africa. Contrapponeva il tempo africano a quello europeo, e anche a quello asiatico. Diceva che il XIX secolo era dovuto venire a patti con lo spazio, e che la grande questione del XX secolo era la coesistenza dei tempi. A proposito, lo sapevi che a Île de France ci sono gli emù?”

 

Sans Soleil, regia di Chris Marker, 1983

Cercare di parlare di Chris Marker è come tentare di individuare un elettrone. Si può conoscere una zona, una porzione di spazio in cui sicuramente è passato o passerà in un certo arco di tempo, ma mai il punto o il momento esatto in cui lo farà. È un’indeterminatezza misteriosa, sostenuta da lui stesso, non solo sottraendosi volentieri a interviste e foto in pubblico, ma anche sviando chiunque si vesta anche parzialmente di sicurezza. Come quando, ridendo in faccia alle fonti ufficiali che lo vogliono nato nel 1921 a Neuilly-sur-Seine, sostiene di aver visto la luce per la prima volta nella capitale mongola di Ulaanbaatar. Ma anche su quest’ultimo luogo è legittimo porre quel dubbio che lo stesso esponente della Rive Gauche dice di avere al suo fianco da quando viaggia, ossia ben prima della sua nascita. Quale viaggio può essere definito dalle sue tappe? Allo stesso modo, non c’è un film, una foto, un gioco al quale si può ridurre il percorso artistico di Chris Marker. Di certo, però, retrospettive come quella su Mubi aiutano a capire come, per capire davvero questo autore, sia necessario perdersi nei vortici, nelle spirali che il suo passaggio crea, avvicinando tempi e spazi.

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Rifiutando ostinatamente la linearità, allora, si può sfruttare il medium digitale da lui tanto amato per scivolare nella rete di Marker. Si può cominciare, per esempio, dal suo cortometraggio più famoso La jetée. Un uomo è ossessionato da un ricordo della sua giovinezza, che lo riporta a prima dello scoppio della III guerra mondiale che ha costretto l’umanità a una difficile sopravvivenza. Un esperimento a cui viene obbligato a partecipare gli consente di rincorrere la donna da cui è posseduta la sua memoria. Il cortocircuito temporale viene caricato da una narrazione in voice over e un flusso di quadri immobili, di fermi immagine che solo in un’occasione si scuoteranno. Dal 1962 si può poi saltare a vent’anni dopo, anno di uscita di Sans Soleil. In questo documentario poetico, che mescola immagini della Guinea, del Giappone, dell’Islanda, in un gioco combinatorio che avvicina l’oblio e la memoria, due facce della stessa medaglia.

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Con un balzo di un quarto di secolo, nel 1997, Level Five fa collidere questi due concetti nel segno della Storia. “Memorizzare il passato nella speranza di non riviverlo è una delle più grandi illusioni del XX secolo” dice la voce robotica di Chris Marker, chiamato a riorganizzare il materiale raccolto dalla protagonista, che sta sviluppando con difficoltà un videogioco su uno dei grandi traumi della Seconda Guerra Mondiale, la battaglia di Okinawa. L’immaginario diventa un magma nel quale sciogliersi per cercare di capire sé stessi. Uno spirito quasi olistico, che vede l’universo come un grande organismo in cui tutto è collegato, tanto le cose (anche se abbandonate, rotte e rifiutate come nel cortometraggio Junkotopia) quanto gli esseri viventi (come le profetiche balene di Three Cheers for the Whale, breve storia dell’immaginario dei cetacei realizzata con Mario Ruspoli).

Così, a dieci anni dalla sua scomparsa, anche lo spirito di Chris Marker continua a viaggiare nell’immaginario, manifestandosi in forme mutevoli anche in opere non propriamente sue, ma che comunque ha toccato nel profondo: nei commenti taglienti di Notte e nebbia, scritto insieme ad Alain Resnais, o nella ricerca, condotta con Jori Ivens, di tempi collidenti nella Valparaiso dei primi anni sessanta. Anche se si potrebbe azzardare che la forma più comoda della sua persistenza sia quella del gatto dalla voce meccanica nel quale si reincarna in The Beaches of Agnes della sua collega Varda. Ma anche qui, il dubbio rimane. Perché chi crede di sapere esattamente chi sia è solo un illuso. D’altronde, “raramente la realtà ha avuto così tanto bisogno di essere immaginata“.

La retrospettiva Chris Marker è disponibile su MUBI (gratis per 30 giorni accedendo da questo link)

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