Undici anni dopo, Todd Solondz torna sui suoi passi, alle esistenze delle tre sorelle di Happiness, Trish, Helen e Joy. E ancora una volta ci prende alla sprovvista con le sue piccole, brutali, “scorrette” storie sull’umano disordine e mentre ci lusinga e ci conquista lasciandoci credere di ridere degli altri, di tutti questi personaggi sempre più soli, che continuano ad attraversare il mondo con il loro equilibrio precario, tragico e “buffo” allo stesso tempo, ci svela lentamente e spietatamente che è di noi stessi che in realtà stiamo ridendo. In Concorso a Venezia 66
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“Non sto ridendo di te, sto ridendo con te”. Così durante il pranzo di famiglia che chiude Happiness, Helen si rivolge a sua sorella Joy, che, con un filo di voce le risponde, “ma io non sto ridendo”. Undici anni dopo, in un percorso sempre uguale, dove si possono cambiare le fattezze, gli attori, ma non il destino delle persone che, in una danza disperata dalla quale non esiste via di fuga, continuano a precipitare nel vuoto delle loro esistenze, intessuto di mille, dolci speranze, perchè questa è la vita, nessuno può veramente diventare altro da sè, la redenzione è solo una bugia che continuiamo a raccontarci per riuscire ad andare avanti, Todd Solondz torna sui suoi passi, alle tre sorelle di Happiness, Trish, Helen e Joy. E ancora una volta ci prende alla sprovvista con le sue piccole, brutali, “scorrette” storie sull’umano disordine e mentre ci lusinga e ci conquista lasciandoci credere di ridere degli altri, di tutti questi personaggi sempre più soli, che continuano ad attraversare il mondo con il loro equilibrio precario, tragico e “buffo” allo stesso tempo, ci svela lentamente e spietatamente che è di noi stessi che in realtà stiamo ridendo, delle nostre esistenze dove il “tempo di guerra” diventa uno stato perenne una volta compiuto il grande salto: il rito d’iniziazione che ritorna in ogni film di Solondz – come ad esempio l’ipnosi attraverso la quale il Mickey di Storytelling controlla il padre o anche il rapporto sessuale di Aviva in Palindromes – e ci rende padroni delle chiavi per entrare nell’età adulta. Il Bar Mitzvah di Perdona e Dimentica, come imparerà uno dei figli di Trish, il piccolo Timmy, non si festeggia il giorno dopo aver superato il tredicesimo anno di vita, ma quando si compie quel primo incancellabile Atto, a causa del quale imploreremo, per tutta la nostra esistenza, un impossibile perdono o un altrettanto impossibile oblio. Ed è proprio l’impossibilità di perdonare o dimenticare la sua mostruosità congenita, la prigione nella quale si dibatte il campionario umano che, con le sue infinite sfumature, con la sua autenticità per sempre smarrita, con la sua sempre più difettosa capacità di comunicare e di ascoltare, prende forma nell’opera di Solondz. Ce lo rivela con una freddezza spietata Jacqueline/Charlotte Rampling, che gioca a nascondino con i suoi fantasmi interiori pagandosi l’amore dell’ex marito di Trish, lo psicologo pedofilo appena uscito dal carcere, condannato dal suo “peccato” alla definitiva esclusione. Lo continuano a sottolineare, con la loro comicità funerea, i morti viventi della dolce Joy (Shirley Henderson), gli uomini tornati dall’aldilà per continuare a ricordarle e a ricordarci che non ci si può salvare da se stessi.
Titolo originale: Life During Wartime
Regia: Todd Solondz
Interpreti: Shirley Henderson, Ciarán Hinds, Allison Janney, Charltotte Rampling, Michael Lerner, Paul Reubens, Ally Sheedy, Michael Kenneth Williams, Dylan Riley Snyder
Distribuzione: Archibald Enterprise Films
Durata: 96’
Origine: USA, 2009
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