#PerSo2017 – Acqua, sabbia, roccia: Kiro Russo, Xu Xin, Ancarani e Mirco Mencacci

Dal Fiume Azzurro, protagonista nel cinese A Yangzte Landscape di Xu Xin, alle miniere boliviane di Viejo Calavera di K. Russo, fino al The Challenge di Ankarani, alla presenza di Mirco Mencacci

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Deserto, miniera e fiume. Questi i tre luoghi protagonisti di alcuni fra i film più interessanti visti finora al PerSo. Il deserto è infatti lo scenario principale di The Challenge di Yuri Ancarani presentato a Locarno 69. Ricchi abitanti del Quatar trasformano il luogo assolato in uno spazio ludico, in cui le leggi della natura vengono piegate in base al gusto e al vizio… Assistiamo quindi a ghepardi che siedono su Lamborghini, falchi da settantamila dollari che viaggiano in aereo, e il suono del silenzio è ormai impossibile da sentire, coperto dagli scoppi dei motori delle Gip che gareggiano nell’ampio spazio. Non a caso parliamo del suono del silenzio, partendo dall’incontro che si è tenuto con Mirco Mencacci, sound designer non vedente che lavora per restituire dignità ai suoni nei prodotti audio-visivi.

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Fin da bambino Mencacci ha iniziato a registrare l’ambiente circostante e all’età di 35 anni è arrivato a Roma diventando uno dei maggior esperti di montaggio del suono. “All’inizio lavoravo principalmente in post-produzione ma poi ho iniziato a interessarmi alla presa diretta dei suoni, che nel cinema sono sempre considerati un po’ di servizio. Ho iniziato quindi a frequentare i set, e da lì ho deciso di concepire un vero e proprio progetto sonoro prima di iniziare a lavorare in qualsiasi film.”
Per progetto sonoro Mencacci intende una partitura di suoni che parta proprio dalla sceneggiatura di un film. A questo proposito ci racconta la sua prima esperienza, ossia il set di Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti: “Ho iniziato chiedermi che suono poteva avere quell’epoca, quindi a creare un vero e proprio Immaginario sonoro che potesse direzionare le emozioni verso vie precise. Come la fauna: ho scoperto che il Tarabuso era una specie di volatile molto presente nel territorio toscano e ne ho registrato il suono. Ma anche ragionare sulla caratterizzazione dei personaggi: dare a Puccini delle scarpe con un tacco più rumoroso per sottolineare la sua importanza, scegliere le stoffe in base ai fruscii. Ovviamente ho iniziato a ingegnarmi il più possibile, cucivo i microfoni dentro i tessuti…” Andando avanti Mencacci si è indirizzato verso progetti sperimentali proprio per avere la possibilità di sperimentare ancora di più. E questo è il caso del suo lavoro con Ancarani, con cui ha collaborato più volte,

mencacciusando la struttura del microfono a stella: “Ho messo un microfono al centro rispetto all’immagine e due ai lati per allargare il suono. Però poi ho pensato che ci sono dei suoni che ascoltiamo provenienti dalle nostre spalle e mi sono accorto di volere anche quelli. Sono arrivato a 5 microfoni. Il mio scopo è da sempre quello di riuscire a restituire la naturalezza ai suoni che mi circondano, e di dargli tutta la dovuta importanza, di farli emergere quanto le immagini”.
In The Challenge ci rimane impresso il suono gutturale del ghepardo quasi più del suo manto maculato, il soffio del vento più del deserto che lo accoglie.

E per rimanere in tema suono, il PerSo ci direziona verso quelli della miniera che circonda Elder, protagonista di Viejo Calavera di Kiro Russo. In questo prodotto ibrido (al limite fra documentario e fiction) i rumori assordanti e ripetitivi della miniera stridono in perfetto accordo con gli elementi visivi, restituendo ancor di più il malessere del luogo, con cui il giovane protagonista è in costante conflitto.
Infine il Fiume Azzurro, protagonista nel lungometraggio (in anteprima nazionale) A Yangzte Landscape del cinese Xu Xin. Anche qui i suoni viaggiano seguendo il corso dell’acqua (dal porto di Shanghai fino alla sorgente Qinghai, in Tibet) ma sembrano per lo più sommessi, vittime anch’essi dell’inquinamento degli scarichi di industria e città adiacenti allo Yangtze. Gli abitanti dei dintorni del fiume fanno da padroni nelle immagini prive di dialogo, dipinte col bianco e nero del fumo grigio delle fabbriche. Come i minatori di Russo dalla pelle bagnata per la troppa oscurità, anche gli abitanti del fiume si muovono come dannati dall’ambiente che li circonda, e la presenza ingombrante di un gigante mostruoso (il Potere?) grava su di loro e rende spietata la narrazione del film. In ogni caso sono le immagini a comandare, le parole sarebbero superflue, forse addirittura le didascalie di denuncia inserite sono di troppo. Questo perché come in ogni buon documentario le immagini della realtà sono esplicative più di ogni intervento umano, arricchite dalla volontà del regista di riprenderle, di mostrare, in questo caso, luoghi senza speranza, in cui le solo le nenie religiose danno un po’ pace, quando non si riesce ad adeguarsi ai detriti e all’immondizia.

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