PesarHorrorFest: 5 giorni di passione

Presentazioni letterarie, lungometraggi italiani, omaggi al nostro glorioso cinema di genere, cortometraggi di giovani autori, dibattiti e tavole rotonde: si è svolta con successo la terza edizione del PesarHorrorFest, manifestazione animata da una passione assoluta e da vero spirito cinefilo, da sostenere e salvaguardare.

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Si è svolta dal 23 al 27 agosto la terza edizione del PesarHorrorFest, manifestazione dedicata al cinema e alla letteratura horror, con un occhio di riguardo per tutto ciò che concerne i film di genere italiano. Presentazione letterarie, lungometraggi in anteprima nazionale, discussioni e tavole rotonde su argomentazioni di largo interesse, cortometraggi di giovani autori che rappresentano il florido sottobosco che si annida sotto il manto protettivo del cinema di serie A, omaggi e riproposizioni di grandi classici del cinema horror italiano, specialisti del settore ospitati con tutti i riguardi; il capoluogo marchigiano si è colorato di nero per 5 giorni, mescolando appassionati e addetti ai lavori, in un'atmosfera estremamente piacevole e animata da sincera passione, che ha saputo ovviare ai vari problemi organizzativi (assenza all'ultimo momento di ospiti annunciati, problemi audio/video in alcune proiezioni) peraltro non inficianti la buona, anzi ottima, riuscita della manifestazione.

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Accanto agli omaggi dedicati a Michele Soavi e Umberto Lenzi (entrambi assenti per giustificabili motivi), con le proiezioni tra gli altri di Dellamorte Dellamore (piccolo capolavoro di gotico all'italiana ed oggetto unico nella nostra filmografia di genere) e Incubo sulla città contaminata (zombi movie ottimamente diretto da Lenzi), hanno trovato spazio gli autori giovani, nuovi o già rodati, che possono costituire una squadra di valore, da cui magari poter estrarre in futuro i nuovi condottieri di un cinema che fatica a riemergere dalla sabbie mobili in cui annaspa.


Si è però evidenziata una tendenza abbastanza comune, nell'arco dei corti e dei lungometraggi italiani presentati durante il festival: la difficoltà a imbastire sceneggiature solide e compiute, avvantaggio spesso di un uso indiscriminato della sperimentazione coercitiva fine a se stessa, che soffoca buoni spunti di partenza per immegersi in un colabrodo di velleità intellettuali mal inserite nei rispettivi concetti filmici.

Opere come Zona 3 di Roberto Loiacono, e Hell's Fever di Alessandro Perrella, implodono su se stesse in un'asfittica mancanza di ritmo e credibilità narrativa, preferendo adagiarsi sul perfezionismo nel lavoro di post-produzione (peraltro egregio in entrambi i casi) dimenticando però l'essenza stessa del cinema, e cioè la capacità di raccontare storie interessanti e ben sviluppate. Un problema grave già nell'ambito del corto, che diviene gravissimo nell'approdo al lungometraggio. Mancano sceneggiatori validi, manca forse un po' d'umiltà, alcuni autori scadono nel manierismo prim'ancora di trovare la propria strada e di dimostrare realmente le proprie capacità.


Ma per fortuna non tutto è nero, e autori di talento ridanno speranza al nostro horror, come dimostrano i cortometraggi di buon livello premiati dalla giuria del concorso Il ritorno dei corti viventi, formata da Loris Curci, Luca Rea, Luigi Garlaschelli, Francesco Cortonesi e da chi scrive: innanzittuto Nella mia mente, di Michele Pastrello (vincitore del primo premio), che rielabora topoi narrativi consueti, come lo slasher e la doppia personalità, lasciando però respirare un'ottima freschezza nella messinscena, e avvalendosi di una buona tecnica che una volta tanto non soffoca lo snodarsi della trama, di bravi attori e buone musiche. Molto validi anche Fobia, di Ciro Eugenio Caliandro (premio per il miglior soggetto), che in pochi minuti condensa in un'atmosfera terribilmente claustrofobica spunti narrativi e figurativi vagamente lynchani, e Neuro Overture, di Piero Cannata (premio del pubblico), divertente omaggio parodistico all'hitchcockiano Psyco, con attori in stato di grazia e un regia disinvolta e intelligente. Non trascurabili, anche se rimasti piuttosto abbozzati, anche Kinè di Gandolfo/Maper e Requiem di Milo Busanelli. Lavori in ogni caso diversissimi tra loro, per esemplificare come alcuni giovani autori siano in grado di esprimere le proprie capacità, senza autostrozzarsi, meritandosi così una nostra speranza per un futuro ricco di soddisfazioni.

Tra un corto, un aperitivo, un omaggio, un dibattito e una passeggiata nel centro pesarese, il festival ha messo in mostra tra gli altri l'interessante Frammenti di scienze inesatte di Stefano Bessoni, viaggio dal sapore antico in un passato in cui l'orrore confluisce nella poesia, le presentazioni letterarie dei volumi Tokyo Syndrome, Corpi di pietra, Uno indiviso e Bloody Rainbow, un omaggio a Roger Fratter, alcuni corti del progetto Appuntamenti Letali tratti dai racconti di Alda Teodorani, la presentazione del Dvd Custodes Bestiae di Lorenzo Bianchini (il nostro maggior talento, sarebbe ora che qualche produttore investisse su di lui), una golosa incursione nel puro trash con la proiezione notturna de La croce delle sette pietre (aka La camorra contro il lupo mannaro) di Marco Antonio Andolfi, e la presenza di Anna Falchi quale madrina dell'ultima serata, una Falchi che ha impreziosito il festival pur deludendo per il proprio comportamento.


Infine restano solo gli applausi, per Ivan Italiani, Mauro Giorgio e Michele Rossi, fondatori del Cineclub Shining e organizzatori del festival, che in mezzo a mille (anzi, diecimila) difficoltà hanno messo il cuore e l'anima affinchè questa manifestazione sopravvivesse e riuscisse nel miglior modo possibile. Necessitano del sostegno assoluto e indiscriminato di chiunque ami il cinema come lo amano loro.


All'anno prossimo, sperando che le istituzioni diano finalmente un maggior aiuto, e che il PesarHorrorFest resista, germogli e cresca come merita.

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