Pesaro 48 – "La jubilada", di Jairo Boisier Olave (Concorso)


La jubilada
racconta di Fabiola, attrice di film pornografici pentita, che ritorna al proprio paese e compie un difficile percorso per il recupero degli affetti familiari e per iniziare un nuovo percorso nella propria vita. L’autore ama molto la sua protagonista, ma non imprime al racconto la forza e l’incisività necessarie perché la storia della protagonista entri per sempre nel cuore dello spettatore

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La jubiladaAll’origine del film c’è una storia vera. La jubilada è l’opera prima di questo giovane (classe 1975) regista cileno che ha studiato in Europa prima di dedicarsi all’attività di regista con l’esordio classicamente avvenuto con il cortometraggio.Non vi è dubbio che il cinema latino americano stia duramente lavorando per riaffermare una propria personalità perduta durante gli anni in cui quei Paesi, con vicende alterne hanno sofferto il bavaglio, la censura e anche molto di peggio. Il Cile, in particolare, sembra, accanto alla rilettura dl proprio passato (Littin, Larrain, ma anche Salles e Guzman) e dopo l’epoca della dittatura, con i tempi necessari a metabolizzare quegli orrori, voglia aprire al mondo lo sguardo sulle proprie storie. In questo senso vanno sicuramente letti e guardati i film di Silva e di Boisier Olave.

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Da una parte dunque c’è l’encomiabile lavoro di Larrain e Littin, in verità il primo con una forza non comune, che hanno fatto della memoria storica, opera cinematografica imprescindibile per comprendere gli effetti del passato sul presente, un cinema impietoso e tagliente che suona e diventa atto d’accusa senza appello.

Da un’altra parte altri autori che si affacciano al cinema, con il desiderio, più privato di raccontare il presente. Tra loro l’autore di questo film.

La jubilada racconta di Fabiola, attrice di film pornografici pentita, che ritorna al proprio paese e compie un difficile percorso per il recupero degli affetti familiari e per iniziare un nuovo percorso nella propria vita.


L’autore ama molto la sua protagonista e nel pedinamento che pratica durante tutto il film si sente l’affetto e la partecipazione. Da parte la giovane attrice, Paola Lattus, riesce a comunicare, nella sua aria dimessa e silenziosa, una determinazione precisa e una volontà non comune. L’attrice aveva già interpretato con Larrain Tony Manero. I pregiudizi e la sua difficile condizione sembrano sciogliersi davanti alla onesta e casta relazione di amicizia che intraprende con il figlio sedicenne del suo datore di lavoro che aveva ambizioni su di lei che riesce a renderle la vita molto difficile quando viene a conoscenza del rapporto che immagina passionale con il proprio figlio.

 

L’impressione che si ricava guardando il film è quella che comunica una onestà di fondo, una esibita sincerità, un tentativo, pur non pienamente riuscito, di raccontare la storia di un difficile riscatto. A pregiudicare le possibilità del film è una messa in scena dimessa, fin troppo, che danneggia l’incisività del racconto. La jubilada propone un ritratto di donna che, in fondo, non ha dalla sua una particolare originalità, ma non è qui che risiede il problema, che semmai è proprio quello di avere trattato la storia con questa consapevolezza, senza attribuirle una forza narrativa più dirompente che pure poteva avere. La storia di Fabiola, donna perduta e ritrovata, è silenziosa e sotterranea questo è certamente un pregio, ma è troppo silente per entrare per sempre nel cuore dello spettatore.

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