Pesaro 49 – Incontro con Sebastián Lelio, Alejandro Fernandez Almendras, Matias Bize, Ignacio Rodriguez


I temi della produzione e della distribuzione al centro del dibattito imbastito dalla direzione del festival con gli autori cileni. L’urgenza di realizzare film, per raccontare il Cile e l’intimità dei suoi autori, allontana la nuovissima onda del cinema cileno dai temi consueti ai quali questa cinematografia ci aveva abituato. Ma la scarsa attenzione dello stato nei confronti del cinema e la limitata distribuzione delle opere rischiano di vanificare un patrimonio culturale vivace che non prende origine da alcuna scuola e da alcun movimento artistico

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Pesaro 49, Incontro con i registi cileniLa nuovissima cinematografia cilena, che il Festival di Pesaro ha passato in rassegna, restituisce la vitalità artistica del Paese d’origine e, nel contempo ci permette di escludere che questa intensa attività produttiva, innegabile e riscontrabile nel disseminato mondo dei festival, sia riconducibile ad una scuola, ad un movimento che rimandi a precisi impegni artistici consolidati in un manifesto comune. D’altra parte, tutti gli autori presenti alla tavola rotonda che ha riassunto i temi di questo cinema hanno tenuto a sottolineare l’assoluta indipendenza reciproca e l’estraneità a qualsiasi scuola o comune intento artistico.

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I registi cileni Sebastián Lelio, Alejandro Fernandez Almendras, Matias Bize, Ignacio Rodriguez, il produttore Tomas Arriagada, il critico e produttore Gonzalo Maza, il regista e giurato Vincenzo Marra, il critico Giovanni Ottone, tutti coordinati dal direttore del festival Giovanni Spagnoletti, hanno dato vita ad una tavola rotonda nella quale i temi che il pubblico ha visto messi in immagini e sequenze durante le giornate del festival, hanno trovato le argomentazioni teoriche da parte degli autori.

Il proliferare di produzioni cilene spinge, in modo quasi naturale, a ragionare sulla possibilità che questo nuovo cinema, Pesaro 49, Lelio, Maza, Almendrasquesta onda impetuosa di giovani registi, abbia un qualche rapporto con il cinema precedente, con quel cinema cileno che abbiamo conosciuto anni addietro. Tanto spontanea la domanda, tanto precisa e netta la risposta di Sebastián Lelio, da considerarsi uno dei capofila di questa schiera di autori. Lelio tende a sottolineare l’assenza di qualsiasi rapporto e ad esaltare, invece, le differenti prospettive dalle quali prendono le mosse i due periodi del cinema cileno. “Oggi – precisa Lelio – si realizzano film a bassissimo budget, proprio per avere la libertà di realizzare i film che ci piacciono. Nel cinema che vogliamo realizzare c’è un trionfo dell’intimità a differenza del passato, quando i film si riconoscevano nelle questioni politiche. I nostri film rimandano alle nostre piccole comunità, a cominciare da quelle familiari. Tutto ciò è possibile che sia dovuto anche a questioni economiche, ma molto conta lo spazio personale al quale vogliamo fare riferimento.”

Identica è l’opinione di Alejandro Fernandez Almendras, che aggiunge che nel recente passato, i registi cileni, lavoravano comunque in un contesto industriale e per fare un film ci volevano molti soldi. Oggi le cose sono cambiate e i film si realizzano anche con poco e questo è un argomento che caratterizza molto le nuove produzioni.

Pesaro 49, Arriagada, Bize, Rodriguez, SpagnolettiI temi del cinema cileno sembrano riassunti in queste opinioni, ma vi è da chiedersi quale sia il ruolo dello Stato all’interno delle dinamiche della produzione cinematografica. Le cose non sono confortanti, come ha sottolineato Almendras, infatti alla assoluta assenza di qualsiasi legge che aiuti la produzione cinematografica, si aggiunge la scarsità di fondi dedicati al cinema, ai quali tra l’altro si accede con una specie di gara tra gli autori e questa forma di lotteria non sembra potere funzionare più. Né, aggiunge il regista, è possibile fare affidamento sul sostegno dei privati e delle imprese. Se infatti l’investimento nella realizzazione di un film serve per defiscalizzare le rendite è vero che in Cile esistono molti modi, regolari e non, per evitare di pagare le tasse, per cui l’investimento nel cinema non risulta conveniente. Matias Bize, in particolare, proprio sull’argomento ha posto l’accento sullo scarso sostegno dello Stato e su come questo non sia cresciuto di pari passo con la nuova ondata creativa dei giovani registi. Questa trascuratezza, ha aggiunto Ignazio Rodriguez in accordo con quanto affermato da Bize, se non si corre ai ripari rischia di causare la perdita di una generazione intera di cineasti. È spontaneo, sotto il profilo produttivo il confronto con il vicino cinema argentino altrettanto vivace, che fonda una parte della sua produzione sui finanziamenti privati. Giovanni Ottone, autore di un intervento su Filmcritica proprio sul nuovo cinema cileno, ha sottolineato quanto l’operosità cinematografica cilena sia andata nel tempo di pari passo con l’abbandono di quel realismo magico che ha caratterizzato il cinema latino-americano negli anni passati e, quanto al rapporto con il cinema argentino, ha posto l’accento su un desiderio di ricercata popolarità di quest’ultimo che però rischia di vendere l’anima al diavolo del mercato. Da questo punto di vista, secondo il critico, il cinema cileno ha conservato una maggiore libertà e l’esempio di Lelio che nei suoi film fa parlare la classe media è paradigmatico.

Anche sul versante distributivo sembra che esistano delle grosse difficoltà. Gli autori presenti all’incontro e gli altri addetti ai Pesaro 49, Rodriguez, Spagnoletti, Marra. Ottonelavori hanno concordato sulla inadeguatezza distributiva del cinema cileno. I film cileni arrivano con difficoltà nella sale, spiega il critico e produttore Gonzalo Maza, escono con poche copie e hanno una permanenza minima. Solo pochissimi film hanno avuto una distribuzione accettabile, come nel caso di Gloria di Lelio. Il cinema cileno, ha aggiunto Almendras, proprio per questi motivi è diventato un cinema da festival e i festival, secondo Lelio, restano degli importanti momenti di contatto tra pubblico e autori, ma non bastano e bisognerebbe trovare dei canali distributivi internazionali. A questo proposito Vincenzo Marra, che per ragioni personali vive tra Italia e Cile, ha spiegato che è recente la firma di un accordo tra l’Italia e il Cile che prevede una intensificazione dei rapporti distributivi tra i due Paesi.

Si resta soddisfatti di questo largo fronte di opinioni, ma resta una domanda, impossibile da rivolgere ai partecipanti per il prolungarsi dell’incontro: come è possibile che questa nuovissima e vivace onda di cinema cileno non ricomprenda tra le sue fila alcuna presenza femminile in un momento in cui intere cinematografie fondano le proprie fortune artistiche sull’autorialità delle donne e il loro sguardo particolare sulle cose del mondo. Ma siamo sicuri che in quella lunga striscia di terra stretta tra l’oceano e le Ande qualcosa si muova anche su quel versante, basta restare in attesa.

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