#PesaroFF56 – Sergio Leone, un mito? – Romarcord 2° episodio

Sergio Leone può esser considerato un autore? Generazioni di spettatori romani a confronto nel secondo episodio della docuserie creata all’interno del progetto Romarcord

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Sergio Leone, un mito?

Si torna a questa annosa domanda tra gli incontri della Mostra del Cinema di Pesaro. L’abbiamo sentita a più riprese lo scorso anno, con un anniversario – doppio per di più! – ad alimentare celebrazioni e polemiche. Questa volta a richiamarla in causa sono gli studenti della Sezione Cinema del DASS dell’Università la Sapienza di Roma che hanno preso parte al progetto “Romarcord”, ideato da Andrea Minuz, e coordinato dai professori Damiano Garofalo, Giulia Fanara, Francesca Cantore e Felice Abbagnato. Un progetto nato qualche anno fa, come ha spiegato appunto Garofalo, «come un lavoro didattico che mirava ad una storia dell’industria, ad una storia sociale del cinema, dunque ad una storia del pubblico e dei pubblici, chiaramente con particolare attenzione al contesto romano, visto che prende vita a Roma e che quando si fa storia sociale si fa anche e soprattutto storia locale. L’idea di fondo era un progetto di ricostruzione delle memorie spettatoriali a Roma dal dopoguerra fino ad oggi, andando ad intervistare insieme agli studenti le persone andate al cinema a partire dal 1945 fino agli anni Ottanta con l’intento primario di capire come sono cambiati i modi di andare al cinema, come sono cambiate le esperienze di visione in sala», com’era andare al cinema un tempo, insomma.

Da una ricerca più prettamente storicistica, che ne caratterizza comunque l’anima – come si evince dal sottotitolo del progetto, “ricerche di storia sociale del cinema a Roma” – il lavoro si è via via evoluto, con l’intento di rimaneggiare questo materiale e dare vita ad un’elaborazione cinematografica seriale. Così è nato il primo episodio della docuserie, un format di 20 minuti circa con ‘protagonista’ lo storico quartiere di Roma del Quadraro, “nido di vespe” della lotta partigiana cittadina, nonché luogo dalla forte passione cinematografara. 

Con il secondo episodio si lasciano momentaneamente i luoghi di Roma ma non le voci che hanno popolato le sue sale cinematografiche che oggi stanno progressivamente scomparendo. A loro viene chiesto cosa ricordano e cosa ne pensano del cineasta romano oggi celebratissimo. Perché se i cosiddetti ‘millennials’ si rivendicano le parole cantate dai Colle Der Fomento, «Tu te credi Tarantino, io so’ Sergio Leone!», non è stato sempre così. Lo confermano gli studenti che hanno preso attivamente parte al lavoro: «Abbiamo scelto Sergio Leone perché il western è un elemento chiave quando si parla di pubblico italiano, era un genere molto amato ed il nome di Sergio Leone tornava fuori spesso nel corso delle interviste. E già da questo semplice fatto è facile notare un primo corto circuito perché, sebbene così popolare, lo ‘spaghetti western’ è stato a lungo un genere relegato ad una zona marginale, ad una ‘B line’, considerato inferiore rispetto al grande cinema autoriale. Se si parla di Leone poi tutto questo ha ancora maggior verità, e dunque quel che forse ci ha più colpito, in quanto studenti di cinema, è di quanto facilmente la nostra generazione dia per scontato l’autorialità e la grandezza di questo cineasta, alimentandone il mito, mentre invece negli anni Ottanta non era affatto così, come si evince anche dalle memorie che abbiamo raccolto. Persino lo storico fondatore di questo festival, Lino Miccichè relegava Leone in un piccolo capitolo del suo libro sulla storia del cinema nostrana intitolato “et circenses”, descrivendolo come un mestierante, buono certo, ma di certo non un autore…» 

Una provocazione non da poco che, sebbene tra le risate, lascia intravedere un interessante – e cinefilo – conflitto generazionale.

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