Peterloo, di Mike Leigh

Ricostruzione di un dramma della storia inglese, che si muove tra la precisione della ricostruzione e la deformazione caricaturale. Il cinema all’incrocio del teatrale con il pittorico.

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Proiezione NEXT MORNING al Tertio Millennio Film Festival - Una produzione Sentieri selvaggi

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Dal ritratto di un genio inquieto, scorbutico e disadattato come Turner a un momento cruciale e drammatico di storia collettiva. Dall’individualismo romantico agli albori della società di massa, si potrebbe dire. Ma comunque Mike Leigh torna ancora una volta all’800, per rintracciare e dissotterrare la radice più intricata del presente. Il 16 agosto 1819, una folla di manifestanti si raduna a St Peter’s Field, a Manchester, per chiedere una riforma elettorale più democratica, ma viene caricata e dispersa dalla cavalleria dell’esercito, per ordine scellerato dei magistrati locali. Più di una decina di morti e centinaia e centinaia di feriti. A dispetto del carattere pacifico della manifestazione, della presenza di donne e bambini, dei rulli di tamburi, delle bandiere, dei rami d’alloro sventolati a festa. Con il via libera del governo e del segretario di stato Lord Sidmouth, nonché del principe reggente, futuro re Giorgio IV, si compie l’ennesimo atto di protervia ai danni di una popolazione già affamata dalle guerre napoleoniche, dai dazi sulle importazioni di grano, dalle carestie, dall’industrializzazione selvaggia e indifferente. Grazie alle cronache della stampa dell’epoca, quell’avvenimento viene da subito ricordato con il , in riferimento alla tragica battaglia decisiva di Waterloo. E seppur molto spesso oscurato dalla storia ufficiale, rimane un momento chiave nell’evoluzione della democrazia inglese. Processo ancora da compiere, come suggerisce ovviamente Leigh, che nei fatti di St. Peter’s Field ritrova tutte le distorsioni ancora contemporanee dei rapporti di potere, di censo e di classe. Per lui tutta la distanza tra i primi e gli ultimi della Storia è una questione di umanità, sta nello scarto tra il deforme ottuso e laido di chi detta le leggi e regge le sorti, e il carico di fatica e dolore di chi sta dall’altra parte, la gente comune che, nonostante tutto, la povertà, la sporcizia, i denti mancanti, le ossa rotte, manda avanti i giorni.

Dopo lo straordinario bagno di luce di Turner, Mike Leigh torna a toni più cupi, a contorni più netti, persino grevi nel disegno di tutta una moltitudine di figure tratteggiate come fossero caricature. Anche lì c’era il grottesco, nei grugniti da misantropo di Timothy Spall, ma qui la deformazione diventa il segno di una tara morale irrisolvibile: la balbuzie di Lord Sidmouth, la pinguedine volgare del principe reggente, l’ostentata dignità da damerini dei notabili. È un giudizio umano e politico che si traduce, in maniera quasi dantesca, nella violenza dello stigma nella carne, nell’inesorabilità del contrappasso ironico. Ma pur rivendicando le sue prese di posizione, Leigh riesce a mantenere anche la distanza di uno sguardo d’insieme, la lucidità di un approccio “didattico” che sembra quasi guardare alle lezioni di storia rosselliniane, per il modo in cui salda i corpi e le idee nel racconto delle strutture e delle dinamiche. La freddezza e il distacco sono a tratti eccessivi. Il film più volte si spegne e si addormenta tra i dialoghi e la precisione della ricostruzione che richiede i suoi tempi lenti. Ma è in qualche modo l’antidoto che Leigh si autoimpone per sfuggire a quella tentazione mortale della retorica che sembra essere la vera questione cruciale del film. La vanità della parola, che è già la malattia della democrazia, il segno fatale della sua debolezza, non risparmia nessuno, né gli arroganti né i capipolo, né i conservatori ostinati né i radicali come Henry Hunt che arringano le folle e immaginano assurdi trionfi. Contro tutto ciò c’è solo il buonsenso di Nellie, che congiunge la passione e il realismo, l’astrazione della speranza, l’unica cosa che resta, e la concretezza dei conti da quadrare. E così, Leigh si muove tra il cinismo e la partecipazione. Incontra il cinema e la realtà nel punto d’incrocio tra il teatrale e il pittorico, tra il programma dei discorsi e i colori dei paesaggi che si animano. Mugugna e borbotta, ma solo per non dare a vedere troppo il lato debole del suo fuoco e del suo slancio.

 

Titolo originale: id.
Regia: Mike Leigh
Interpreti: Rory Kinnear, Maxine Peake, Pearce Quigley, David Moorst, Rachel Finnigan
Distribuzione: Academy Two
Durata: 154′
Origine: Gran Bretagna/Usa 2018

 

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