Po, di Andrea Segre

La sensazione è che Po manchi di un vero e proprio punto di vista, sia narrativo che filmico, in grado di dare incisività al documentario. In sala da ieri

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Dopo i passaggi veneziani di Welcome Venice e Molecole, Andrea Segre torna verso gli abituali lidi del documentario “sociale”, e insieme a Gian Antonio Stella ricostruisce la tragedia dell’esondazione del Po avvenuta il 14 novembre 1951, quando l’argine sinistro del fiume cedette inondando le terre del Polesine. Il regista alterna alle testimonianze di alcuni sopravvissuti le immagini di repertorio dell’Istituto Luce, senza però riuscire a dare una vera e propria coesione al quadro d’insieme. Il footage utilizzato da Segre resta sempre in sordina, d’appoggio al racconto, senza trovare una via di narrazione autonoma e innovativa rispetto alla mera funzione archivistica. La riflessione sull’umano tipica del suo cinema, va ricercata allora nei racconti intimi e dolorosi dei protagonisti, figli di pescatori, contadini, mondine, che rievocano con voce rotta ed occhi lucidi esistenze umili nelle campagne del rodigino. Storie divise a metà tra la nostalgia di un’infanzia spensierata, trascorsa in povera simbiosi con le terre del Polesine, in cui non si aveva nulla eppure sembrava di avere tutto, e il rifiuto di un passato di stenti, in assoluta povertà, dove mancavano beni e servizi essenziali come acqua ed elettricità (“La miseria non è mai bella da ricordare”).

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Costretti dall’alluvione ad abbandonare paesi, abitazioni, famiglie, dispersi, abbandonati o rimasti orfani, i ragazzini del ‘51 sono portatori di storie individuali che si intrecciano alla Storia, rimettendo in moto la memoria collettiva. Eppure, nonostante le buone intenzioni e i tentativi di incorniciare i racconti privati in uno spaccato storico e sociale, attraverso le derive politiche delle narrazioni che mostrano uno spaccato dell’Italia degli anni ‘50 divisa tra bianchi e rossi, tra cattolici e comunisti, Segre sembra non riuscire mai a trovare un proprio centro d’interesse. La sensazione è che Po manchi di un vero e proprio punto di vista, sia narrativo che filmico. Non bastano infatti le suggestive riprese delle verdeggianti terre contadine o le ora placide acque del fiume, così come non sono sufficienti le narrazioni orali, seppur commoventi, a dare incisività al documentario. Pur ritrovando un senso di appartenenza in quelle terre e in quella Storia, in quella lingua e in quelle tradizioni, si percepisce un distacco, un mancato coinvolgimento autentico in questo flusso ondivago tra passato e presente. È nelle poesie e nei ricordi dei nonni, negli strascichi di sofferenza, nelle frasi tartagliate e nelle espressioni dialettali che è conservata dunque la vera memoria, il racconto d’insieme di una tragedia comune che si abbandona a derive personali. Nei detriti di vite che diventano reperti, capaci di suscitare emozione ed empatia, generando narrazioni in cui è possibile ritrovare il senso stesso dell’essere vivi.

Regia: Andrea Segre
Distribuzione: ZaLab
Durata: 75′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
3.73 (11 voti)
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