"Polar Express" di Robert Zemeckis
Zemeckis sa spingersi oltre, facendo del cinema il luogo per eccellenza dell'incontro, della comunicazione, dello scambio/contatto, un treno in corsa che congiunge corpi distanti e nostalgie lontane.
Credere nel cinema, per un cinema che si ostina a credere in noi. Quale metafora si presta meglio di quella del treno per esprimere il collegamento, l'unione, la partecipazione? Probabilmente nessuna. Il treno collega distanze culturali abissali, crea vasi comunicanti tra regioni sperdute della terra, mette in circolo centro e periferia, regno e territori limitrofi. Più dell'aereo, certo, perché l'aereo solca il cielo scivolando tra le nuvole, mentre il treno attraversa la terra, vivendone le successive metamorfosi. Un treno entra in stazione, e il cinema emette il suo primo vagito, penetrando la barriera della luce e del tempo, e seminando scompiglio e agitazione. Abbiamo sempre avuto l'impressione che Zemeckis nascondesse nella profondità ancestrale delle sue immagini la volontà di ripartire da zero, azzerando incasellamenti e definizioni, categorie e luoghi comuni dell'immaginario. Poi è arrivato un treno, un gran bel treno avvolto dalle grinfie della notte e puntellato da ali di sogno, un oggetto d'antiquariato che rifulge di bellezza e di luce. Credere al cinema, il chè significa credere al treno, affidarsi al vapore che si libra in cielo e che va ad asciugare la malinconia delle stelle, tracciando linee di aria e di fuoco, di cielo e di terra. Il movimento è quello di Ritorno al futuro. L'automobile sfreccia sull'asfalto lasciandosi alle spalle cerchi di fiamme che segnano il cammino. A questo punto tutto ri/diventa possibile. Il presente, il passato, il futuro e la loro danza intrecciata e scandalosa. Polar Express fa proprio questo semplice e commovente gesto. Il piccolo protagonista si sveglia e alzatosi in piedi, si fa ricettacolo vivente dell'irruzione dell'altro in casa propria. Il chè significa uscire fuori di casa e fuori di sé. Più semplicemente abbandonarsi al vento gelido della notte che sfiora il suo corpo e che lo incita a perdere la strada, a girare rossellinianamente su se stesso e ad osare, salendo sul treno. Il cinema oggi per quei registi pazzi e assolutamente dentro/fuori rispetto a questo mondo come Zemeckis è tutto un fatto di corpi in bilico, di realtà provvisorie, di commistioni angeliche e sbilanciatissime tra realtà umane provvisorie e assoluti da raggiungere lungo il cammino. Zemeckis sa spingersi addirittura oltre, facendo del cinema il luogo per eccellenza dell'incontro, della comunicazione, dello scambio/contatto, un treno in corsa, come dicevamo inizialmente, che congiunge corpi distanti e nostalgie lontane. Viene in mente l'abbraccio epocale in mezzo all'acqua di Hanks e della Wright Penn in Forrest Gump, la fusione amniotica tra la Pfeiffer e lo spettro dell'amante del marito (Le verità nascoste), il lungo carteggio percettivo tra la Foster e il padre perso nel tempo (Contact), i dialoghi impossibili tra Hanks e Wilson (Cast Away) ed oggi un Tom Hanks che in Polar Express, grazie alla tecnologia della performance capture, si ridefinisce in cinque diversi personaggi che rappresentano un'unica immagine del desiderio. Polar Express allora tridimensionalizza la preistoria fantascientifica di un cinema che riparte dal treno per raccontare di un corpo che sconfigge il tempo e la morte, la paura e l'angoscia, ostinandosi a credere, perseverando nel vedere oltre…Una realtà non basta più, vogliamo/esigiamo più vite insieme e allora non ci vergogniamo di salire sul treno, di agitare le tendine e di metterci a sognare con Zemeckis, seminando sui nostri tracciati onirici un padre sdoppiato, un Babbo Natale che avevamo dimenticato, un Natale incastrato in qualche buca del tempo.
Un contatto, nelle verità nascoste dell'amore.
Titolo originale: Polar Express
Regia: Robert Zemeckis
Produzione: Steve Starkey, Robert Zemeckis, Gary Goetzman e William Teitler per Castle Rock Entertainment, PlayTone, ImageMovers, Golden Mean, Universal CGI, Warner Bros
Distribuzione: Warner Bros Italia
Durata: 100'
Origine: USA, 2004