Polish Film Festival a Gdynia 2018. Vince Cold War: le nostre impressioni di viaggio

Dentro i titoli del concorso c’è la chiave di lettura per costruire un’idea della Polonia contemporanea. Una settimana a Gdynia, tra incontri (Krzysztof Zanussi) e visioni. Galleria fotografica

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Alla fine dopo alcuni giorni passati in Polonia in occasione del Polish Film Festival che si è tenuto a Gdynia, diretto da Leszek Kopeć e che ha visto l’assegnazione dei Leoni d’oro a Pawlikowski per Cold War, è forte la sensazione che in queste terre, limitrofe al comune di Danzica, famoso porto della lega anseatica che aveva il monopolio sul commercio che passava dal Mar Baltico, la memoria storica sia qualcosa di importante da coltivare. Se non bastassero a ricordarlo i vari musei sparsi nelle città che si succedono senza soluzione di continuità lungo la costa, con una bassissima densità abitativa ed i boschi che lambiscono il mare, qualche occhiata ai film in concorso sarebbe sufficiente. Gli ultimi cento anni per la nazione polacca sono stati determinanti per plasmare una nuova dimensione, ad iniziare dal semplice dato geografico. Nei trenta chilometri che separano Danzica da Gdynia, luogo di un festival che proprio a Danzica ebbe i suoi natali nel 1974, e da cui fu spostato dal regime solo per ragioni di convenienza politica perché considerata città sensibile, in quanto epicentro della protesta scoppiata nei cantieri navali nel 1980 che portò all’affermazione di Solidarnosc, all’inizio del ventesimo secolo convivevano polacchi, tedeschi e kashubi.

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Un equilibrio solido, nonostante le cicliche minacce subite in nome di un espansionismo aggressivo o di un’aspirazione nazionalistica, sempre rispedite al mittente in una fiera rivendicazione di indipendenza che solo il folle progetto hitleriano riuscì a guastare. Le guerre mondiali, soprattutto la seconda, fanno da spartiacque e portarono la Polonia a finire sotto il giogo dell’Unione Sovietica, un’occupazione finita soltanto nel 1989, anno della caduta del muro e del crollo di una delle due superpotenze uscite vincitrici dal conflitto, insieme agli Stati Uniti.

Gdynia fa parte attualmente del Voivodato della Pomerania e fu costruita come città, lì dove sorgeva un villaggio di pescatori, nel 1921(la costruzione del porto cominciò nello stesso anno), e dal 2007 è diventata parte insieme Sopot e Danzica della Tripla Città. Fianco a fianco nelle strade si succedono i primi insediamenti abitativi alternati ai fabbricati realizzati dai sovietici per gli operai. Il periodo del Festival rappresenta per la città un’occasione molto speciale per catturare sguardi ed attenzioni di tutta la nazione, rivolti di solito altrove. Il cuore pulsante della manifestazione è un’area piuttosto contenuta che comprende il Multikino, il classico multisala di nuovissima generazione dotato di schermi ottimi ed audio ottimo, il Teatr Muzyczny (Teatro Musicale), che ha ospitato le cerimonie di apertura e di chiusura, il Gdynskie Centrum Filmowe (Gdynia Film Centre), sede anche della sala stampa, il Muzeum Marynarki Wojennej (Museo della Marina) e l’Hotel Mercure, luogo dove incontrare produttori, registi, noi abbiamo incontrato Krzysztof Zanussi, o attori durante il giorno o durante le due feste organizzate come prologo ed epilogo. Zanussi ci ha parlato del suo impegno dentro la commissione ministeriale che si occupa di assegnare i fondi per la produzione ai progetti più meritevoli, e dell’uscita del suo nuovo film, presentato in anteprima al Festival, Ether. “Il protagonista è un uomo che ha confuso la scienza con la religione, i due piani non dovrebbero mai essere confusi, questo è ciò di cui tratta questo film: l’etere era uno strumento di grande fascino alla fine del XIX secolo, grazie al suo potere poteva guarire il dolore e togliere la coscienza. L’etere è una metafora che diventa uno strumento di salvezza e soggezione.”

Tra le due cerimonie la differenza è notevole. All’inaugurazione soltanto alcune parole di circostanza hanno introdotto la proiezione del film The Butler, a parte le breve parentesi di un cortometraggio animato dedicato a Polanski, Masterclass. Per la premiazione si cambia registro e si passa all’intrattenimento: due presentatori, momenti di intrattenimento musicale tra i blocchi dei premi, due ore di diretta televisiva, pubblico estasiato. Gli applausi più convinti sono per quello che è il vero film evento/scandalo di questa 43^ edizione, Kler (Clergy), vincitore di ben tre Leoni pubblico, scenografia e premio speciale della giuria, destinato a far discutere, l’uscita nazionale è prevista per il 29 Settembre, per il coraggio di affrontare un argomento scottante e nel farlo invade una zona off limit come quella della chiesa, dentro un paese di forte tradizione cattolico cristiana.

Mentre i premi rispecchiano spesso orientamenti ed umori della giuria, dentro i titoli selezionati in concorso (QUI e QUI le nostre corrispondenze sui film) c’è la chiave di lettura per costruire un’idea della Polonia contemporanea, governata dal partito di destra Diritto e Giustizia fondato dai gemelli Lech e Jarosław Kaczyński. Due visioni antitetiche, la parte conservatrice e quella progressista, da sempre più vicina agli ambienti del cinema, trovano effettivo riscontro nelle storie raccontate, grazie ai dibattiti che possono suscitare sul presente, con l’ombra del passato non ancora completamente esorcizzata e le paure passate dalle porte girevoli del tempo, intatte nella capacità di agitare nuovi spettri. Destinato prevalentemente ad una platea autoctona, da cui proviene gran parte del pubblico presente alle proiezioni, ed una forte presenza giovanile, grazie alla presenza sul territorio di Gdynia di una delle 6 Scuole di Cinema presenti in Polonia (delle quali la più conosciuta è la Scuola di Łódź) e ad una legge ministeriale che mette il cinema tra le materie da studiare anche nelle scuole dell’obbligo, ma che comunque riserva agli ospiti un’accoglienza di prim’ordine.

I premi assegnati:

Leoni D’Oro : Zimna wojna (Cold War), di Paweł Pawlikowski

Leoni D’Argento : Kamerdyner (The Butler), di Filip Bajon

Regia : Adrian Panek per Wilkołak (Werewolf)

Premi speciali della giuria : 7 uczuć (7 emotions), di Marek Koterski / Kler (Clergy), di Wojciech Smarzowski

Miglior attore protagonista : Adam Woronowicz – Kamerdyner (The Butler)

Miglior attrice protagonista : Grażyna Błęcka-Kolska – Ułaskawienie (Pardon)

Miglior attore non protagonista : Olgierd Łukaszewicz – Jak pies z kotem (A Cat with a Dog)

Migliore attrice non protagonista : Aleksandra Konieczna – Jak pies z kotem (A Cat with a Dog)

Miglior Sceneggiatura : Jan Jakub Kolski per Ułaskawienie (Pardon)

Miglior Fotografia : Jacek Pogdorski per Krew Boga (The Mute) / Jakub Kijowski per Fuga (Fugue)

Musiche : Antoni Komasa- Lazarkiewicz per Wilkołak (Werewolf) e per Kamerdyner (The Butler)

Miglior Montaggio : Jarosław Kamiński per Zimna wojna (Cold War)

Miglior Suono : Maciej Pawlowski e Miroslaw Makowski per Zimna wojna (Cold War)

Migliore Scenografia : Jagna Janicka per Kler (Clergy)

Migliori Costumi : Monika Onoszko per Ułaskawienie (Pardon)

Make-Up : Mira Wojtczak e Ewa Drobiec per Kamerdyner (The Butler)

Premio del Pubblico : Kler (Clergy), di Wojciech Smarzowski

 

 

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