Positivə – 40 anni di HIV in Italia, di Alessandro Redaelli

Il lavoro finora più canonico di Redaelli racconta 40 anni di AIDS in Italia muovendosi tra interviste e osservazione della quotidianità, indagandone la virulenza anche immaginaria. Su PrimeVideo

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Positivə comincia di fronte a un benzinaio come tanti, dove si incontrano per la prima volta quattro persone. Si stringono la mano e salgono tutti nella stessa macchina. Il carapace metallico percorre strade asfaltate, poi sentieri di breccia. Dentro, come fosse un dialogo interno tra diverse voci presenti nella stessa testa, nasce una conversazione. “Voi la chiamate pastiglia? Io la chiamo la droga”, dice ridendo la passeggera seduta sul sedile davanti. “Anch’io”, confessa con un sorriso il guidatore, “solo che devo smettere. Mio figlio ha quasi due anni e ripete ogni singola parola. Sai che casino se all’asilo…”. La frase viene sovrastata dalle risate, mentre la macchina continua a viaggiare. La pillola di cui stanno parlando è il farmaco che devono prendere ogni giorno, alla stessa ora, per combattere la sieropositività. Tutti e quattro, infatti, hanno l’HIV.

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Dopo Funeralopolis e Game of the Year, il corpo rimane centrale nel cinema di Alessandro Redaelli. Con il solito Ruggero Melis alla scrittura, stavolta affiancato da Elena Comoglio e Francesco Maddaloni, Positivə è un titolo che si inserisce senza attriti nel solco della ricerca avviata con i due progetti precedenti. Seppur vestendo una struttura decisamente più canonica, il fine divulgativo viene spesso bucato da un taglio più osservazionale. Non c’è la macchina da presa che si infila nel bagno di un treno per riprendere in primo piano un ago che entra in una vena e nemmeno una partita di Starcraft che sembra un misterioso dialogo tra uomo e macchina. C’è, invece, un bambino che gioca a nascondino con suo padre. Il punto di vista è alla stessa altezza di quei passi ancora instabili e ci riporta alla meraviglia di vedere un adulto sparire dietro un albero. Scene come questa, di una quotidianità splendente, si alternano al racconto di varie personalità che hanno vissuto in prima linea l’epidemia, fisica e immaginaria, negli anni ’80 e ’90.

Gli intervistati ripercorrono anni durissimi. Avere l’HIV significava quasi certamente morire in fretta, tra innumerevoli sofferenze, compresa quella psicologica dello stigma sociale. La malattia era un’incognita spaventosa, un punto cieco attorno al quale si accavallavano fantasie ideologiche che resistono fino a oggi. “Il primo paziente che ho avuto in cura era un ragazzo che per me rappresentava perfettamente lo stereotipo del malato di AIDS: capelli lunghi, tossico, con le buste dell’Esselunga”, confessa la stessa dottoressa che il ragazzo, sul letto di morte, vorrà al suo capezzale. Nemmeno il discorso scientifico era immune al serpeggiare di pregiudizi che vedevano la malattia come una sorta di punizione per una vita dissoluta. Pregiudizi che neanche il famosissimo bacio tra Rosaria Ardino e Ferdinando Aiuti è riuscito a spazzar via.

positive redaelli

Il corpo, in Positivə, diventa allora un segno percorso da significati cangianti, un guscio che viene continuamente attraversato da scariche immaginarie. È la virulenza delle idee il centro del documentario. Una parte dell’industria mediatica che, come raccontano Loredana Berté e Jo Squillo, volta le spalle a tutti coloro vengano toccati dalla malattia, accodandosi all’oscurantismo ministeriale. Allo stesso tempo, l’industria pubblicitaria comincia a sfruttare la risonanza di battaglie sociali come quella per i malati di AIDS. Il racconto di Oliviero Toscani della sua avanguardistica campagna per Benetton è esemplare nel mostrare l’ambiguità di chi mette un profilattico su un obelisco di Parigi, donando visibilità a tanti esclusi, ma il cui fine rimane sempre la promozione di un marchio. Le immagini d’archivio, che includono spot, servizi televisivi e brevi estratti da interviste, non entrano nel documentario in forma pura e diretta, ma mediata: le immagini scorrono su degli schermi d’epoca ripresi dalla macchina da presa o proiettati sullo sfondo delle interviste. Ecco lo scarto col quale Positive ci invita a prendere una sana distanza da discorsi ideologici, non per rinunciarvi, ma per plasmarli direttamente. Facendo un passo indietro dallo schermo, ci ritroviamo in una camera da letto. Due genitori si stanno preparando per una gita al mare. “Cosa dirai a tuo figlio quando verrà il momento di spiegarli la tua situazione?”.

Regia: Alessandro Redaelli
Con la partecipazione di: Loredana Berté, Oliviero Toscani, Jo Squillo, Jonathan Bazzi
Distribuzione: Nexo+
Durata: 90′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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