Powidoki – Il ritratto negato, di Andrzej Wajda

Waida ci lascia con immagini residue. Un titolo bellissimo, che basterebbe da solo a raccontare tutta una carriera, tutta una vita, tutta una profonda credenza nel cinema. In sala da giovedì 11

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Powidoki. Andrzej Waida ci lascia con immagini residue, allora. Un titolo bellissimo, che basterebbe da solo a raccontare tutta una carriera, tutta una vita, tutta una profonda credenza nel cinemacome dispositivo di memoria e libertà. Wajda ci lascia con il racconto di un uomo libero, il pittore Wladyslaw Strzeminski, figura fondamentale dell’avanguardia pittorica novecentesca e dell’arte modena in generale, colui che “ha collaborato con Malevič e incontrato Chagall” come si ripete più volte nel film. Siamo nel 1948, la Seconda Guerra Mondiale è appena finita, la Polonia martoriata dal conflitto entra nella sfera di influenza dell’URSS e il partito comunista inizia a esternare i suoi simboli di potere in una progressiva sovietizzazione dell’immaginario. Un immenso ritratto di Stalin su tela copre l’intero palazzo di Strzeminski mentre è intento a dipingere su una tela bianca diventata improvvisamente rossa: i riflessi del potere già lo ingabbiano e coprono metaforicamente la sua finestra gettando un’ombra minacciosa.

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Il pittore/professore va avanti (anche se gravemente menomato nel fisico nella Prima guerra mondiale) e non si stancherà mai di insegnare ai suoi studenti la sua “teoria della visione”, ossia l’origine dell’atto del guardare che è ontologicamente soggettivo. Il cinema di Wajda continua coerentemente ad essere politico, tornando però alle origini del suo filmare per decantare la libertà prima di creare immagini come diritto inalienabile. Wajda difende lo sguardo ancor prima dell’opera ed è questa la una lezione immensa contenuta in un film sincero e mai urlato, forse a tratti troppo ingessato nel suo ragionatissimo meccanismo narrativo, ma che si svela comunque con una sincerità commovente.

afterimage-2Strzeminski è un altro uomo di marmo, colto nei suoi ultimi quattro anni di vita che coincisero con l’ascesa del potere comunista in Polonia, con la crescente burocratizzazione e restrizione dei diritti, con la crescente impossibilità di definirsi artista se non inserito in un sistema ideologico. Ecco che al di là dell’ovvio discorso sull’ultimo film di Wajda come possibile testamento artistico, Afterimage (questo è il titolo internazionale) manifesta innanzitutto la voglia di omaggiare una figura importante e “mitica” per la coscienza del popolo polacco. Ma il ricordo privato è ancora una volta immerso nella Storia novecentesca che fa il suo corso e si riflette sulle immagini con furia iconoclasta: il nuovo potere copre le immagini preesistenti, le distrugge, rende “uniforme” il colore e ne metaforizza così il destino. Insomma Wajda “racconta” una storia con lineare semplicità e fa ballare ancora i fantasmi residui del Novecento (artisti, burocrati, studenti, rettori, inservienti, tutti colti nel momento di una risoggetivazione) perché l’eredità emotiva e culturale che ci hanno lasciato queste persone comuni è viva nel nostro presente. Perché ricordare è importante e l’immagine cinematografica è ancora oggi il posto giusto per farlo: questo ci sussurra Andrzej Wajda.

Titolo originale: Powidoki
Regia: Andrzej Wajda
Interpreti: Boguslaw Linda, Aleksandra Justa, Bronislawa Zamachowska, Zofia Wichlacz, Krzysztof Pieczynski
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 98′
Origine: Polonia, 2016

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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