Predestination, il commento di un nostro studente di cinema

Abbiamo avuto la possibilità di portare gli allievi della Scuola di Cinema “Sentieri Selvaggi” alla proiezione per la stampa del film con Ethan Hawke. Ecco il commento di uno degli studenti

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Grazie a 404 abbiamo avuto la possibilità di portare alcuni allievi della Scuola di Cinema “Sentieri Selvaggi” ad assistere alla proiezione per la stampa del film “Predestination” con Ethan Hawke (la nostra recensione). Ecco il commento postato su Facebook a firma di uno degli studenti presenti all’anteprima, Davide Zucchetti

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Dopo l’allucinato “daybreakers”, in cui ci presentavano un’umanità dominata dai vampiri, i fratelli Spierig tornano con un film sul tempo e il destino.
La struttura narrativa, di complessità machiavellica, soffre quasi subito di una eccessiva necessità descrittiva: tutta la parte iniziale del film si svolge infatti all’interno di un bar, dove, in una estenuante conversazione, intervallata dai flashback dei protagonisti, viene preparato il meccanismo visivo necessario alla composizione del marchingegno narrativo.
Una volta superata questa prima fase, il film diventa interessante sotto tutti i punti di vista: i flashback del prologo vengono recuperati e reinseriti in un meccanismo visivo circolatorio: il protagonista ci porta su e giù nel tempo a rivedere quelle stesse scene da un punto di vista “cambiato”. Tutti gli elementi della storia raccontata nella scena del bar, si vanno a ricollocare nell’intricato sistema del film.

Completamente assorbiti dal congegno narrativo, siamo pronti ad approfondire i mille spunti filosofici del film: l’ineluttabilità del tempo, l’impotenza di un “agente temporale”, quella domanda iniziale “cosa faresti se ti mettessi davanti chi ti ha rovinato la vita, lo uccideresti?”, ma il film finisce e nessuno degli argomenti viene approfondito.

L’enorme complessità dell’operazione narrativa, la necessità di ridurre questa complessità al “tempo” del film (97 minuti), sono forse i limiti più grandi imposti ai fratelli Spierig. Sembra che il tempo, tema centrale del film, si sia rivoltato contro gli autori stessi: sacrificando metà del film alla descrizione, ne rimane troppo poco per concludere e approfondire.

Complice del “tempo” il basso budget (5 milioni di dollari).

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