Primula Rossa, di Franco Jannuzzi

Nella commistione di sequenze ricostruite, repertorio e documentario, il film getta luce sulla parabola umana di Ezio Rossi, ex-NAP rinchiuso per anni negli Ospedali Psichiatrici Giuridici

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Primula Rossa racconta quant’anni di storia contemporanea, di accadimenti che hanno cambiato e caratterizzato l’Italia. A partire dagli anni di piombo fino alle recenti questioni che hanno visto protagonisti gli Ospedali Psichiatrici Giuridici. Tutto questo però viene raccontato tramite gli occhi degli ultimi, di esclusi e reclusi dentro le strutture psichiatriche. Il film, a metà tra documentario e fiction mette in luce la vita di uno di questi, Ezio Rossi, ex terrorista dei NAP (Nuclei Armati Proletari), che ha passato gran parte della sua vita tra il carcere e l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Alla sua esperienza vanno ad aggiungersi, incrociarsi e intervallarsi le storie di altri detenuti, che come lui, hanno visto la propria vita consumarsi tra le mura di un ospedale.
Primula Rossa inizia con una premessa, quella di mostrare, in seguito alla legge Basaglia, come le paure e gli egoismi economici abbiano permesso comunque la formazione di nuovi centri che opprimevano la salute e i diritti di cittadinanza degli individui. Ma anche con l’intento di scoprire l’altra faccia della medaglia, quella composta da uomini che pretendevano il rispetto per tutti gli individui e che cercavano forme di sperimentazione comunitarie capaci di restituire potere e diritti anche alle persone più fragili. Ad incarnare quest’ultimo spirito è la figura dello psichiatra Lucio, grazie alla quale il nostro protagonista riuscirà ancora una volta, al calar della propria vita, a riassaporare la libertà.

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Il film trova diverse strade per raggiungere il suo fine, più o meno forti, che vanno a calcare su diversi aspetti conoscitivi del racconto. La prima, e anche la più dura da digerire, è quella che riguarda la sezione di archivio che è stata selezionata, in cui le immagini in bianco e nero mostrano questi uomini costretti a vivere al limite del sopportabile. La seconda è quella della fiction, che tramite attori va a ricostruire il rapporto tra lo psichiatra e gli utenti del centro, in particolare con Enzo. La terza, non meno forte ed efficace, è quella di un semi-voice over che racconta le brevi storie di alcuni dei detenuti scritte e lette dallo psichiatra Angelo Righetti, da sempre impegnato per la causa.

La regia di Franco Jannuzzi esplicita quindi una sorta di dovere morale, del raccontare la storia e trasmettere un messaggio che va evidentemente oltre il fattore estetico e i virtuosismi del caso.

Regia: Franco Jannuzzi
Interpreti: David Coco, Salvo Arena, Fabrizio Ferracane, Roberto Herlitzka, Maurizio Marchetti
Origine: Italia, 2019
Distribuzione: Fondazione di Comunità di Messina,Ecosmedia
Durata: 76′

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