Profeti, di Alessio Cremonini

Il regista costruisce una nuova prigione, sede di un incontro-scontro tra due donne agli antipodi. Una struttura interessante, ma ancora parzialmente acerba.

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“Combatto per i curdi, per la libertà e per le donne. In Medio Oriente, se sei una donna devi imparare a difenderti il prima possibile. Qui, la maggior parte dei regimi è basata sulla sottomissione, sull’oppressione delle donne. È per questo che le uniche persone che possono cambiare questa mentalità sono le donne”.

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Alessio Cremonini parla chiaro: “le uniche sono le donne”. Di questo il suo Profeti è profondamente convinto. Uniche sono Sara (Jasmine Trinca), giornalista italiana inviata in Medio Oriente e qui rapita dall’Isis, e Nur (Isabella Nefar), foreign fighter incaricata della sua custodia. Così come unico è il loro incontro-scontro (e confronto) nel Califfato, convivenza forzata di due pensieri e visioni del mondo agli antipodi. Una single, atea, dedita alla carriera e senza figli; l’altra sposata, credente, devota alla causa e in dolce attesa. Entrambe sole, cresciute in un mondo di uomini, eppure tanto diverse.
Il cinema di Cremonini è, per ammissione stessa del regista, “un cinema che svela storie, percorre strade poco battute; un cinema politico, radicale, essenziale”. Le carceri italiane di Sulla mia pelle lasciano qui il posto ai campi di addestramento dello Stato Islamico, i diritti degli ultimi a quelli delle donne. Ma è di prigionia che il cineasta italiano continua a ragionare; anche se le sbarre metalliche di Stefano Cucchi divengono le pareti della casa di Nur e i lividi si trasformano in silenzi, sguardi, divieti. Torna la gabbia, fisica e mentale, una rete a maglie strette intessuta di barriere linguistiche, culturali, religiose; una rete di connessione tra mondi disconnessi, ognuno consacrato alla propria verità.
Ma quante verità possono realmente coesistere? Dove finisce la verità e inizia la percezione della stessa come tale? “Informazione e propaganda sono due cose diverse” rivendica Nur; ed è nel pluralismo prospettico del film – non a caso Profeti – che Cremonini getta i semi della comprensione di tale fondamentale differenza. Lo fa confondendo le acque, lasciando che l’iniziale fase di stasi morale si evolva progressivamente – per noi come per Sara – in una parziale messa in discussione delle nostre certezze, affinché il dubbio scavi positivamente nella coscienza spettatoriale.
Il regista ci rinchiude all’interno di 109 minuti di penombra, interni e duelli verbali; ci lascia soli, a specchiarci nell’illusione di una manifesta superiorità etica (tipicamente occidentale). Ma Profeti, come il suo predecessore, ferma la sua corsa a pochi metri dal traguardo; si siede a due passi dal nastro finale. A mancare, anche questa volta, sembra il coraggio di osare, di spingersi oltre. Perché a fronte di una regia pulita e di una sintassi ben impostata, il film di Cremonini è una frase che fatica ad arrivare al punto, perdendosi proprio nelle battute finali e abdicando in favore di un risolutorio – anche se non del tutto – deus ex machina. L’amara “conversione” di un talento ancora acerbo.
Regia: Alessio Cremonini
Interpreti: Jasmine Trinca, Isabella Nefar, Ziyad Bakri, Omar El-Saeidi, Mehdi Meskar, Marco Horanieh, Orwa Kulthoum
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 109′
Origine: Italia, 2022
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
Sending
Il voto dei lettori
3.55 (11 voti)
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