PROFILI – "Il più simpatico degli inclassificabili": Philippe Noiret (2a parte)

In occasione della scomparsa di Philippe Noiret vi proponiamo questo appassionato saggio che Aldo Tassone, direttore di France Cinéma, ha pubblicato nel catalogo del festival in occasione della 21a edizione che si è svolta a Firenze dal 30 ottobre al 5 novembre 2006. Per questa occasione France Cinéma aveva omaggiato Noiret con una retrospettiva

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di Aldo Tassone

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Testimonianze


Philippe, lo sapevamo, è un solitario (si definisce "un provinciale") che ama vivere in campagna lontano da Parigi; in televisione e nelle cerimonie ufficiali non lo si vede mai, trascorre la sua esistenza tra lavoro (due-tre film l'anno, recentemente il teatro) e famiglia: la moglie Monique Chaumette (vivono insieme da mezzo secolo, uno scandalo nell'ambiente!), la figlia, qualche amico molto ben scelto. Questo legittimo bisogno di riservatezza è stato scambiato a volte per una sorta di orgogliosa misantropia. Luoghi comuni, puntualmente smentiti dai testimoni intervistati. Finto burbero, finto pigro, Philippe è un grande timido. Se ama vivere appartato e circondarsi di un'aura di mistero non è per snobismo, ma per proteggersi da indebite invasioni.


(«Contrariamente a quanto si crede, precisa lui stesso, molti attori scelgono questo mestiere non per esibizionismo ma per timidezza».) Chi ha lavorato con lui – da Tavernier a Monicelli, da Rappeneau a Rosi, Tornatore – ci assicura che Philippe è un vero signore. «Philippe è una persona deliziosa, un simpaticone che si presenta come un burbero» spiega Tornatore. «Possiede una delle migliori qualità amate dagli italiani, la discrezione. Philippe mi ha insegnato la semplicità.» «Philippe – ci confida Tavernier – si è sempre comportato da vero gentleman a tutti gli effetti: senza il suo consiglio e il suo aiuto anche economico non avrei mai potuto realizzare il mio primo film, L'horloger de Saint-Paul . E non sono il solo debuttante che gli deve tantissimo». Se Noiret ama l'eleganza e si circonda di raffinatezze (un artigiano ha creato per lui un modello di stivaletti che portano il suo nome) non è per snobismo.


Figlio di un professionista dell'abbigliamento che amava la letteratura, Philippe ha uno spiccato senso estetico. («Amo le cose belle, ma non sono difficile, mi accontento del meglio!» confessa scherzosamente citando una celebre battuta di Churchill.) Questa sua passione per l'abbigliamento lo aiuta anche nel lavoro: «Per Philippe i "costumi" sono elementi importanti che lo aiutano a costruire i personaggi, a dar colore ai ruoli» precisa Tavernier, il regista che lo conosce meglio. «Portava delle scarpe gialle quel primo giorno che lo incrociai all'aeroporto» ricorda Francesco Rosi. «Siccome ne ho un paio così anch'io, quel dettaglio mi sembrò un segno del destino. Scarpe gialle, un abito di taglio italiano, il sigaro… Si può scegliere un attore per questo? Non solo, ma anche…» Rosi non si pentì di aver scelto Noiret per il ruolo del giudice in Tre fratelli : «Philippe ha un'umanità, una sensibilità, un'intelligenza di interpretazione di grande raffinatezza e professionalità». «Philippe ha un tratto aristocratico inconfondibile» ci confida Montaldo, «prima di essere un attore prodigioso, è un vero signore. Lo vedo come qualcuno che esce da un castello… Mi affascina la sua raffinata eleganza, la sua cultura, la sua intelligenza, e la sua ironia». «Nella vita, come nel lavoro, apprezzo enormemente l'eleganza di Philippe, la sua prestanza, e la sua profondità», dice Jean-Paul Rappeneau, che come tutti i veri comici ama le formule sintetiche. Sedotto anch'egli dall'"intelligenza" e dall'"ironia" dell'amico Philippe, il toscanaccio Mario Monicelli confessa: «Mi colpisce la finezza, il garbo, la semplicità con cui gli vengono le cose. Philippe dice le battute come debbono essere dette, senza caricare né sottolineare, sembra quasi che non reciti. Ha il talento e l'intelligenza di saper togliere, di arrivare all'essenziale!» Homo duplex . Dietro quella sua statura imponente e quella voce grave, il burbero Philippe nasconde "un grande pudore", "unaprofonda umanità", "un'accattivante fragilità", ci assicurano i colleghi Sabine Azéma, Rochefort, Marielle, Claude e Catherine Rich. «C'è in lui – osserva Marielle – una sorta di tenerezza, di fragilità che un po' sparisce dietro l'apparenza davvero colossale del personaggio, ed è qualcosa di molto commovente». «Sotto l'apparenza di un patròn disinvolto alla Sacha Guitry – osserva Claude Rich – Philippe è un gigante dal cuore tenero, ha conservato l'anima di un ragazzo. Mi sorprende soprattutto la sua grande umanità». Per Sabine Azéma, Philippe è «un uomo completo, molto virile ma al contempo tenero, dolce, emotivo. Osa persino piangere… È uno che si affina in continuazione, con lui si ha l'impressione di elevarsi. Mi colpisce la sua intelligenza, l'energia, la passione, la generosità immensa, l'alto senso della dignità nel suo mestiere». Noiret possiede anche un invidiabile senso dell'umorismo. «Ci si diverte un mondo lavorando con lui» dice Claude Rich. Dello stesso avviso è il grande Alain Resnais, che si dispiace di non aver avuto l'occasione di fare un film «avec cet immense acteur». «Quando nel 1955 veniva a trovarmi al tavolo di montaggio del suo primo film (ero il montatore di La pointe courte ) Philippe ci faceva ridere come pazzi con le sue trovate, le sue osservazioni spiritosissime. C'è sempre come un'accattivante luce scherzosa nei suoi occhi…» «Come Mastroianni, Philippe sa passare con molto humour da un tono all'altro, dal dramma alla commedia e viceversa», prosegue Tavernier, «può facilmente calarsi in qualsiasi ruolo, anche in film di cineasti che hanno un universo molto particolare come Ferreri, Monicelli, Hitchcock; è un attore che sarebbe convenuto a Renoir. Non è necessario spiegargli il personaggio, è uno che ama sorprendersi e sorprendere. Succede con lui quello che accadeva a certi solisti jazz con Fats Waller: chi suona con lui va al di là delle sue possibilità abituali.

Ma è anche capace di recitare con grande semplicità: come Mastroianni, anche Noiret ha una grande freschezza di approccio e una grande libertà». Secondo Claude Rich, «Philippe può cominciare comico e finire tragico, può fare i ruoli più diversi. Può essere un grande patròn, un ingenuo, un esaltato, un popolano ( Nuovo Cinema Paradiso ), un principe ( Que la fête commence )… ». La lista dei ruoli memorabili interpretati dal nostro è effettivamente amplissima: borghesi più o meno perversi ( Amici miei , La grande bouffe ), assassini ( Le témoin , Le vieux fusil , Coup de torchon ), notabili sadici ( Le juge et l'assassin ), poliziotti cinici ( Les ripoux ), comandanti ligi al dovere ( La vie et rien d'autre ) e generali tronfi ( Il deserto dei Tartari ), principi ( Que la fête commence ), mariti egocentrici ( Thérèse Desqueyroux ), presentatori corrotti ( Masques )… Ma anche giudici e giornalisti coraggiosi ( Tre fratelli , Le 4ème pouvoir ), onesti artigiani ( L'horloger de Saint-Paul ), popolani ( Nuovo Cinema Paradiso ), scrittori esimi ( Il postino ), attori estroversi ( Zazie dans le métro , Le roi de Paris ), omosessuali emarginati ( Gli occhiali d'oro , J'embrasse pas )… Raffinatezza, humour, semplicità, spontaneità, libertà, varietà, ma anche complessità, forza, passione, profondità… Dalle tredici testimonianze di prima mano emerge un ritratto davvero singolare di Philippe Noiret. Avevo cercato ingenuamente di indurre gli intervistati a stabilire un qualche parallelo illustre con altri grandi del passato (Gabin, Raimu…). Ma «Noiret è davvero un unicum», ribadiscono Sabine Azéma e Claude Rich. Sola analogia possibile quella con Marcello Mastroianni, il nostro attore più amato dai francesi. In effetti, seduzione femminile a parte, Philippe fa davvero pensare a tratti al grande Marcello.

(Dal catalogo France Cinéma 06, edizioni Aida, Firenze)

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