Qualcosa di buono, di George C. Wolfe
You’re not you, titolo originale del film, sembra essere la linea guida dalla quale un’architettura a doppia altezza si sviluppa sia dal punto di vista scenografico che emotivo.
You’re not you, titolo originale del film di George C. Wolfe, sembra essere la linea guida dalla quale un’architettura a doppia altezza si sviluppa sia dal punto di vista scenografico che emotivo. Il Buddy movie al femminile, tratto dal romanzo di successo della scrittrice Michelle Wilgen, vede come protagonista l’eccezionale Hilary Swank nei panni di Kate, una brillante pianista di successo che progressivamente perde il controllo del suo corpo perché affetta da SLA. Discreta, risoluta, brillante e felicemente sposata con Evan (Josh Duhamel) impatta con la terribile malattia durante una delle sue performance musicali di fronte agli amici. Gli occhi bassi e terrorizzati fissano ciò che noi vediamo attraverso un primissimo piano delle lunghe mani affusolate: spasmi che coprono col silenzio una Polonaise di Chopin. L’ellisse temporale ci riporta ad un anno di distanza, quando la decadenza fisica della protagonista la costringe sulla sedia a rotelle, inerme eppure intellettualmente viva. Nella sua casa a due piani, un cubo con la pelle di vetro, un focolare privo della viva fiamma, irrompe Bec (Emmy Rossum), una giovane scapestrata senza requisiti che viene assunta direttamente da Kate per assisterla. Tra le due donne, così diverse eppure accomunate dalla passione per la musica, nasce un rapporto sincero, sostenuto dall’empatia più che dalla compassione. Un’unione imprevedibile e disinteressata. Kate smette così di vivere come una degente in muta attesa per recuperare il caos, le vibrazioni, la crudeltà e l’amore della sua esistenza.
Come Julianne Moore in Still Alice e François Cluzot in Quasi amici, così Hilary Swank mette a disposizione le sue indubbie doti attoriali senza lasciare in ombra la freschezza recitativa di Emmy Rossum che in questo riadattamento cinematografico privo di coercizione emotiva, si dimostra all’altezza del ruolo da coprotagonista. Dagli interni sontuosi e tracotanti o asettici e privi di personalità delle case dell’alta borghesia, la fragilità umana viene recuperata dal corpo di Kete attraversato dal male, che riscatta la sua dignità grazie al sentimento sincero di una solida amicizia. Bec infatti smette di disperdere la sua energia potente nell’inconcludenza, ponendo attenzione ad ogni respiro o parola strozzata di Kate, ad ogni suo sguardo o tremore, esorcizzando la paura attraverso la reciprocità. Arrivando ad abitare il corpo dell’altra con la sua malattia, la giovane donna vive un’esperienza catartica che le fa riscoprire le sue potenzialità come essere umano. La vita del prima cristallizzata in una perfezione posticcia e la vita del dopo senza alcuna certezza di Kate si incontrano così nella dimensione caotica e mutevole di Bec, creando un presente imprevedibile e sostenuto da quella lealtà necessaria per affrontare insieme la vita e la morte. Un salto verso il “fuori” per proteggere quel “qualcosa di buono” celato nell’animo, al di là della fine.
Titolo originale: You’re not you
Regia: George C. Wolfe
Interpreti: Hilary Swank, Emmy Rossum, Josh Duhamel, Stephanie Beatriz, Jason Ritter, Julian McMahon
Distribuzione: Koch Media
Durata: 93’