“Quattro notti di uno straniero”, di Fabrizio Ferraro

quattro notti di uno straniero
Forma e sostanza, in quattro storie d’amore, si dileguano, si sciolgono e la potenza della luce e dei suoni s’impossessa delle immagini, tra musica classica, post-punk e preghiere. Negare lo spettatore, proprio quando provi ad ammaliarlo.
Un uomo, una donna, un mondo che si autolimita, si autopunisce e rinuncia alle sue bellezze, in un “cul de sac” della visione, tra scene che si trasformano in quadri, tanto immobili quanto instabili, irrequieti… con l’aiuto di Enrico Ghezzi
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quattro notti di uno stranieroDopo Penultimo Paesaggio, Quattro notti di uno straniero, capitolo conclusivo del dittico sul contatto di Fabrizio Ferraro. Un altro uomo, un’altra donna, la stessa città: Parigi. I due si incontrano, si inseguono, si sfuggono. Ispirato dalle “Notti bianche” di Dostoevskij, il film si svolge in quattro movimenti. Quattro notti in cui i due incerti amanti si accompagnano e si specchiano in una Parigi illuminata da un bianco cittadino abbagliante che fonde notte e giorno. Secondo film di quello che si potrebbe definire come una sorta di dittico sul e nel contatto non ancora avvenuto. Il protagonista di Penultimo Paesaggio, spalle alla platea e in faccia al mondo, inveiva contro la condizione quasi irrimediabile di una società che, pigramente, muoveva verso il nulla. Ora, quello stesso protagonista sta guardando i due amanti che si rincorrono, accecati da luci abbaglianti e da una Senna senza fondo. L’autore, fotografo e filosofo del linguaggio, coadiuvato da Enrico Ghezzi, dirige un’opera di pura teoria e sperimentazione linguistica: nello stare davanti allo schermo, scegliamo di guardare un storia, delle immagini, scegliamo, decidiamo…
 
Ma quanto di arbitrario, di nostro, c’è in questa volontà? Già nel naturale senso del “vedere” la nostra attenzione viene continuamente catturata, attirata, distratta, da mille stimoli, prima naturali, poi artificiali, sociali. In ultima analisi possiamo considerare la nostra sola libertà nello scegliere di aprire le palpebre, il resto è fuori di noi, e vive per imporsi ai nostri occhi. L’occhio viene guidato, la mente dà un senso a questo percorso obbligato, la realtà non è nella visione, ma nell’analisi che ognuno fa di essa, e allora un’immagine non è mai uguale per altra persona che non sia sé stessa. Ma tutto ciò può estendersi alla realtà di ognuno di noi: fuori dallo schermo, o meglio, dentro un altro schermo di livello superiore, quello del nostro campo visivo: la vita è un film? Noi siamo spettatori o attori, guardiamo o siamo guardati? Forma e sostanza, in quattro storie d’amore, si dileguano, si sciolgono e la potenza della luce e dei suoni s’impossessa delle immagini, tra musica classica, post-punk e preghiere. Negare lo spettatore, proprio quando provi ad ammaliarlo. Un uomo, una donna, un mondo che si autolimita, si autopunisce e rinuncia alle sue bellezze, in un “cul de sac” della visione, tra scene che si trasformano in quadri, tanto immobili quanto instabili, irrequieti.
 
Titolo originale: Quatre nuits d’un étranger
Regia: Fabrizio Ferraro
Interpreti: Marco Teti, Caterina Gueli Rojo
Origine: Italia/Francia, 2012
Distribuzione: Boudu
Durata: 90’
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