Quel giorno tu sarai, di Kornél Mundruczó

Il trauma della Shoah è vissuto attraverso il viaggio di tre generazioni, seguendo il ritmo di “tre gradi” di separazione, fino a trovare una linearità di racconto e di sguardo davvero convincente.

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C’è sempre qualcosa di visionario, grottesco, al tempo stesso vero, nelle opere del regista ungherese che si cimenta con il trauma della Shoah, attraverso il viaggio trasversale di tre generazioni, seguendo il ritmo e la passione di “tre gradi” di separazione, fino a trovare una linearità di racconto e di sguardo, davvero importante, davvero convincente. Con un certo lavoro di montaggio, non banale e soprattutto capace di far emergere prospettive dal passato, le immagini si intrecciano come ciocche di capelli, ritrovate nei luoghi del martirio, nei luoghi del concentramento della vergogna. Ecco, tre soldati polacchi provano a purificare con acqua e spazzoloni i sotterranei della violenza, a lavare ciò che non è certamente più recuperabile, fin quando un grido dalla fogna fa ritornare alla luce una bambina sopravvissuta, Eva. Lei la ritroveremo a Berlino, ormai anziana, con la figlia Lena e il nipote adolescente Jonas, in un mondo che stenta ormai a ricordare, stenta ormai a scongiurare nuove e rinnovate ondate di intolleranza umana.

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Tre punti di vista in uno, quasi un miracolo estetico ed etico, a confluire idealmente in una soggettiva viva, che palpita tra tormenti e ricordi inenarrabili. E poi, quel giovane Jonas, costretto a fare i conti con una storia che non ha conosciuto, proiettando sul suo mondo meccanismi di difesa, negazione, collera repressa, drammatizzando il movimento stesso del tempo, il modo in cui ricordiamo e il modo in cui dimentichiamo.

A un anno di distanza dal successo di Piaces of a Woman, candidato all’Oscar e premiato al Festival di Venezia con la Coppa Volpi a Vanessa Kirby come miglior attrice, di nuovo con Martin Scorsese nelle vesti di produttore esecutivo, anche stavolta il regista realizza un’opera tratta da un’esperienza teatrale, trasponendo sul grande schermo le vicende personali della madre ungherese di Kata Wéber, sceneggiatrice del film. I piani sequenza si susseguono con grazia e decisione, perché la storia, quella collettiva, non conosce tagli e deformazioni, se non quelle inferte dalla nostra limitata memoria e compromessa conoscenza della vita. L’autore abbatte i muri, come quelli dell’appartamento di Lena che all’improvviso è invaso dall’acqua violentemente sopraggiunta dalle tubature e che hanno fatto saltare le difese interne, hanno scardinato l’indifferenza del presente. Appunto, l’indifferenza dilaga, è praticamente ormai oggi pubblicizzata e la virtù è ancor di più derisa. E intanto, quel giorno tu sarai (in) un “inferno multietnico”.

 

Titolo originale: Evolution
Regia: Kornél Mundruczó
Interpreti: Lili Monori, Annamária Láng, Goya Rego, Padmé Hamdemir, Jule Böve
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 97’
Origine: Germania, Ungheria, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
3 (7 voti)
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