Questi fantasmi 2

la retrospettiva della

66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica

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Curata da Sergio Toffetti, la retrospettiva nasce dalla collaborazione tra la Biennale di Venezia e la Cineteca Nazionale , e rappresenta un modello esemplare di capacità progettuale e di razionalizzazione delle risorse tra un festival deputato a far conoscere i film al pubblico di tutto il mondo, e l'archivio che conserva la memoria del cinema italiano.. Un progetto riuscito anche grazie alla collaborazione degli altri archivi italiani e stranieri (Cineteca di Bologna, Cineteca del Friuli, Museo Nazionale del Cinema di Torino, Cineteca Italiana di Milano, Filmoteca Vaticana, Archivio Cinema d'Impresa, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Cinémathèque Royale du Belgique); di operatori privati come Aurelio De Laurentiis, Ripley's Film, Surf Film, Cinema Comunications, Compass Film e dei laboratori che hanno ristampato e restaurato i film presentati: Cinecittà Studios, Eurolab, Fotocinema, L'immagine ritrovata di Bologna, Studio Cine, Technicolor.

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Questi fantasmi 2 presenta quest'anno Cronache, storie, volti del cinema italiano, film dimenticati, vere e proprie scoperte di opere sconosciute alle storie del cinema e classici in nuove versioni restaurate, con un evento speciale: il restauro della Grande Guerra di Mario Monicelli, ripresentato a Venezia cinquant'anni dopo aver vinto il Leone d'oro. Il restauro è stato realizzato dalla Cineteca Nazionale e da Aurelio De Laurentiis.

La seconda puntata di Questi fantasmi parte dal cinema d'anteguerra, con un omaggio all'estro creativo di Sergio Tofano che in Cenerentola e il Signor Bonaventura (1941) porta sullo schermo i personaggi dei suoi celeberrimi fumetti ("qui comincia l'avventura del Signor Bonaventura"… a cui dà il volto uno straordinario Paolo Stoppa) e con Margherita fra i tre (1942), diretto nel 1941 da Ivo Perilli che affida ad Assia Noris, la diva dei telefoni bianchi, quattro ruoli in una brillante commedia degli equivoci che non ha nulla da invidiare a Hollywood. Vere e proprie riscoperte, sul piano sia storiografico che spettacolare, sono inoltre i film popolari che guardano alla guerra, alla Resistenza, alla Ricostruzione senza filtri ideologici o autoriali, e raccontano in diretta il pianto e il riso quotidiani sul registro della farsa o del melodramma come Uno tra la folla (1946), eroicomica ricostruzione del passaggio tra la Repubblica di Salò e la Liberazione con Eduardo De Filippo e Carlo Campanini; o Accidenti alla guerra (1948) di Giorgio Simonelli che, complice la comicità anarchica di Nino Taranto, osa far ridere alludendo all'attentato di via Rasella e mettendo in parodia Roma città aperta. A farci piangere ci provano invece Donne senza nome (1950) di Geza von Radvany, fratello dello scrittore ungherese Sandor Marai, ambientato in un campo di internamento femminile per apolidi; e quel vero e proprio "revenant veneziano" che è La fiamma che non si spegne sul sacrificio del carabiniere Salvo D'Acquisto fucilato dai tedeschi: attaccato in modo feroce (e oggi del tutto incomprensibile) alla Biennale del 1949 come film "reazionario" tanto da stroncare la carriera di Vittorio Cottafavi.

Autentica riscoperta di grande importanza storica, tra i film del dopoguerra, è il documentario pacifista su papa Pio XII sceneggiato da Diego Fabbri e Cesare Zavattini, Guerra alla guerra, restaurato dalla Cineteca Nazionale e dalla Filmoteca Vaticana.

Con la storia patria – ed è il nostro contributo alla preparazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia – si confronta anche Casa Ricordi diretto nel 1954 da Carmine Gallone che ripercorre il Risorgimento e dintorni, dalle Cinque giornate di Milano alla fine del secolo, sceneggiando in una sorta di contraltare popolare di Senso la grande tradizione del melodramma da Rossini a Verdi a Puccini.

Tra la compostezza del cinema d'autore e l'allegra sarabanda dei generi, emergono poi eccentricità rivendicate, film eccessivi per le storie che raccontano e sul piano del visivo, che derivano il loro fascino dall'essere in se stessi la propria parodia. In primo luogo il film culto della cinefilia più estrema: La nave delle donne maledette di Raffaello Matarazzo (1954), proposto nella versione originale a colori, praticamente mai vista in Italia, ricomposta in digitale a partire dalla "versione francese", cioè senza tagli di censura. Ma "eccentrici" rispetto alle vie maestre del cinema italiano sono Temporale Rosy (1980) di Mario Monicelli, il Tinto Brass "beat" di Nerosubianco (1969) o il Mario Schifano "pop" di Umano non umano (1971) che dopo decenni ritorna in versione restaurata.

 

Un'autentica curiosità della "pop art all'italiana" è il cortometraggio Informazione leitmotiv diretto nel 1969 dall'artista visivo Nato Frascà, con una stralunata interpretazione di Enzo Jannacci che anticipa il suo ruolo ne L'udienza. La copia è stata ritrovata nel Fondo Olivetti dell'Archivio Cinema d'Impresa di Ivrea, da cui proviene anche una "minicommedia brillante in 6 minuti" che è Sotto i tuoi occhi, realizzato dalla Fiat nel 1932 con Isa Pola, la star autarchica del primo film sonoro italiano, per il lancio di una vettura rivoluzionaria: la "522", su cui Massimo Bontempelli scriverà nello stesso anno un vero e proprio romanzo: "522. Racconto di una giornata".  Continua insomma quella rivisitazione del cinema prodotto dall'industria italiana, che ha portato gli scorsi anni a riscoprire a Venezia La via del petrolio di Bernardo Bertolucci prodotto dall'Eni e i film industriali di Ermanno Olmi, prodotti dalla Edison.

In parallelo si snoda quest'anno una panoramica sullo star system al femminile nel cinema italiano: da Silvana Pampanini in Noi cannibali di Antonio Leonviola a Rossana Podestà in Le ore nude di Marco Vicario, da Giovanna Ralli in Carmen di Trastevere di Gallone a Claudia Cardinale in La viaccia di Mauro Bolognini, da Marina Berti in Un eroe del nostro tempo di Sergio Capogna a Catherine Spaak di Break Up di Marco Ferreri (presentato nella versione lunga rifiutata dal produttore e mai distribuita in Italia, accanto alla "riduzione" distribuita col titolo L'uomo dai cinque palloni) da Marina Vlady de La ragazza in vetrina di Luciano Emmer ad Alida Valli nel film che Mario Soldati trae da un romanzo di Graham Greene: La mano dello straniero (1954).

Tre gli anniversari che si è scelto di celebrare: i cent'anni della nascita di Indro Montanelli, riproponendo I sogni muoiono all'alba sull'insurrezione di Budapest; i 50 anni de La dolce vita, ma con un film del "Fellini dimenticato": Storie sulla sabbia (1963) di Riccardo Fellini, il fratello di Federico; e soprattutto, per l'"anno Galileiano": il Galileo di Liliana Cavani restaurato dalla Cineteca Nazionale, che a quarant'anni dall'uscita, conferma oggi una grande modernità di linguaggio e una stringente attualità di impianto.

Mentre tra gli "scoop filologici" del 2009 si presentano alcune autentiche rarità: l'unico documentario diretto da Pietro Germi, Scrittori e poeti anglosassoni a Roma (1947), appena identificato nell'archivio della Cineteca Nazionale; il Radio Giornale n. 5 produzione Cines diretto da Giorgio Simonelli nel 1933, uno dei primi cinegiornali parlati del cinema italiano che rielabora materiali di repertorio con un incredibile montaggio futurista, restaurato dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Ripley's Film; i documentari di Francesco Pasinetti e di Glauco Pellegrini; e un "mondo movie" sulla Parigi di Pigalle, Nudi per vivere, diretto nel 1964, da un misterioso cineasta uscito dall'inesauribile cappello da prestigiatore del cinema italiano, Elio Montesti, cioè: Elio Petri, Giuliano Montaldo e Giulio Questi (di cui si presentano anche i cortometraggi) che, con disinvoltura un po' impertinente, mettono "a nudo" la loro voglia di cinema; inoltre un omaggio a Riccardo Napolitano, operatore culturale attivo nel movimento dei circoli del cinema, cofondatore dell’Amod, a lungo presidente della Ficc, autore di documentari  e lavori televisivi che affiancano all’impegno militante un’accurata ricerca formale, come 1904, n.36 (1967), Disoccupato (1971), Dell’assuefazione (1970), Una moda al giorno (1969); infine il backstage di Ferruccio Castronuovo Appunti sul film di Federico Fellini “La città delle donne” (1980).

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