“Raccontare la fragilità del sesso maschile”. Incontro con Duccio Chiarini e il cast di Short Skin – I dolori del giovane Edo

Duccio Chiariniha presentato a Roma il suo primo lungometraggio, Short Skin. Nel cast Matteo Creatini, Francesca Agostini, Miriana Raschilà e Bianca Nappi. Nelle sale dal 23 aprile

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Duccio Chiarini

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Duccio Chiarini, regista di cortometraggi e di un documentario (Hit the road, Nonna), ha presentato a Roma il suo primo lungometraggio, Short Skin – I dolori del giovane Edo, che racconta la storia di un adolescente alle prese con i problemi legati alla sessualità e alla famiglia. Il film, realizzato grazie a Biennale College, era già stato presentato alla 71ª Mostra del Cinema di Venezia e all’ultima Berlinale. Alla conferenza sono intervenuti il regista, la sceneggiatrice Ottavia Maddeddu e il cast composto da Matteo Creatini, Francesca Agostini, Miriana Raschilà e Bianca Nappi. Nelle sale dal 23 aprile in circa trenta copie.

Com’è nata l’idea del film?

Duccio Chiarini: L’idea è nata per caso. Stavo cercando di realizzare un altro film ma con difficoltà. Poi ho pensato a una storia che potesse essere realizzata con pochi mezzi, poche location e tanto cuore. Avevo letto il fumetto di Gipi, LMVDM (La mia vita disegnata male), che inizia con una visita da un andrologo. Quindi ho buttato giù il soggetto, l’ho fatto leggere a Ottavia Maddeddu, che si è interessata al progetto. Poi abbiamo fatto domanda al Biennale College e da lì è andato tutto bene.

Come sei arrivato al film?

Matteo Creatini: Ho fatto il provino per caso. All’inizio dovevo fare l’amico del protagonista, ma alla fine il regista e i produttori hanno deciso il contrario. Il mio personaggio è connesso al mondo dell’adolescenza e anch’io, come lui, sono molto sfigato con le donne. Il film mi ha permesso di soffermarmi su alcuni momenti dell’adolescenza e mi ha fatto piacere.

Come vi siete rapportati al tema della famiglia?

Chiarini: L’idea del film era di raccontare la storia di un adolescente circondato dalla famiglia, confrontando le sue insicurezze con le certezze dei genitori. In fase di scrittura ci siamo concentrati su una famiglia che facesse sentire il protagonista sotto pressione.

Ottavia Maddeddu: Già nel soggetto di Duccio emergeva molto la famiglia. Abbiamo cercato poi, partendo da questo magma vero inerente la sua vita, di piegare la storia a soluzioni narrative non sempre fedelissime a quelle che Duccio aveva in mente, e anche questa è stata la sfida, saper raccontare l’adolescenza da più short_skinpunti di vista.

Bianca Nappa: Uno dei punti di forza di questa famiglia è che mette in luce le contraddizioni insite. Io interpreto una madre apprensiva che però non si rende conto dei problemi del ragazzo. Con Duccio abbiamo fatto molte prove per lavorare alla verosimiglianza, per creare legami reali tra noi attori. Abbiamo passato del tempo insieme e anche i dialoghi sono cambiati nel corso delle riprese.

Francesca Agostini: Anche io ci ho messo molto del mio vissuto per interpretare il personaggio di Bianca, una ragazza fragile che soffre di insicurezze, facendo prima di tutto un lavoro su me stessa.

Miriana Raschilà: È stata un’esperienza umana prima che lavorativa. Abbiamo tirato fuori esperienze vere, ecco perché i dialoghi risultano naturali. Per interpretare il personaggio di Elisabetta ho analizzato prima me e da lì è emersa la mia sensibilità.

Creatini: La famiglia è importantissima per un adolescente. Poi cresci e ti accordi che spesso gli adulti sono bambini anche loro, con una maturità diversa. Sul set si è creato un rapporto umano bello che si riflette anche nelle scene.

Come ha scelto il direttore della fotografia?
Chiarini: Il direttore della fotografia è Baris Ozbicer che aveva curato la fotografia di Bal, film che ho adorato e che ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Ho sempre lavorato con direttori della fotografia stranieri perché hanno uno sguardo preferenziale sulla realtà. Volevo fare un film divertente con un’aria rarefatta come Un amore di gioventù di Mia Hansen-Løve o i film di Roy Andersson.

Come hai scelto le musiche del film?
Chiarini: Inizialmente la storia doveva essere ambientata negli anni ’90 e avevo pensato alle musiche dei Grant Lee Buffalo. Poi ho deciso di aprirla al contemporaneo ma non volevo sonorità italiane. Ho ascoltato le musiche dei Woodpigeon e mi sono piaciute molto. Il leader Mark Andrew Hamilton ha cominciato a mandarci pezzi che erano perfetti per il film perché non erano semplici accompagnamenti musicali ma amplificavano le emozioni degli attori.

Il suo prossimo film sarà quello a cui stava lavorando?
Chiarini: Sì, sarà una storia d’amore su una coppia di trentenni che si smarriscono e si lasciano.

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