Raimondo Vianello: l'eclettismo nello spettacolo
Era un personaggio di spettacolo dall’innato eclettismo. Ironico, salace sapeva dominare la scena mantenendo la giusta distanza anche da una notorietà consolidata. La sua presenza era un’assicurazione sul divertimento e chi non è più giovanissimo lo ricorderà nei panni dell’improbabile Tarzan nella sigla finale di Noi … no.
Raimondo Vianello aveva cominciato giovanissimo a frequentare il mondo dello spettacolo, quando lo spettacolo era, soprattutto, la rivista. Dopo gli inutili studi universitari in giurisprudenza è il teatro di Garinei e Giovannini Cantachiaro n. 2 che gli regala il successo. Si era alle soglie degli anni cinquanta e per Raimondo Vianello si aprivano anche le porte del cinema. Tra il 1947 e il 1968 interpretò un’ottantina di film e tra i registi che l’hanno diretto ci sono Mario Mattoli, Steno, Camillo Mastrocinque, Giorgio Simonelli, Giorgio Bianchi, Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Marino Girolami e Michele Lupo. Troppo lunga la lista dei film da citare, ai quali vanno aggiunti senz’altro quelli da lui sceneggiati. Tra il 1970 e il 1982 Raimondo Vianello ha scritto numerosi film la cui direzione era per lo più affidata a registi come Steno, Sergio Corbucci, Sergio Martino e Giorgio Capitani.
Instancabile presenza televisiva sin dal suo esordio, avvenuto nel 1954, con l’indimenticabile Ugo Tognazzi con lo spettacolo Un due tre si rivelò uno spirito comico distaccato, dal freddo aplomb un po’ anglosassone. È stato il mezzo televisivo a renderlo famoso, innumerevoli spettacoli lo videro protagonista e moltissimi di questi accanto alla moglie e compagna di una vita Sandra Mondaini.
Era l’esordio dello spettacolo televisivo, dentro un’atmosfera molto casalinga, in cui emergevano le differenze regionali, ancora non bene definite, ma sulle quali il genio comico di Tognazzi costruiva i propri numeri. Un rapporto sempre amichevole tra i due che condivisero anche un appartamento nella zona di Lambrate a Milano e Vianello giurò di essere stato lui, durante quel periodo, ad insegnare a Tognazzi l’arte della cucina. A riguardarli quei brani televisivi degli anni cinquanta, si comprende su cosa fosse fondata quella comicità: un accentuato travestitismo e un gioco insistito sulle differenze regionali: Tito, tu t’hai ritinto il tetto, ma tu non t’intendi tanto di tetti ritinti ripete la madre (Tognazzi) al figlio (Vianello) che aveva appena finito di ritinteggiare il tetto della stanza in uno dei famosi pezzi di Uno due tre. Una spontanea comicità la cui scrittura nasceva dalla vena umoristica di Vianello e Tognazzi ai tavolini dei bar la domenica mattina prima della trasmissione che andava in onda in diretta e che quindi metteva a dura prova gli attori e le maestranze. Era il padre di Tognazzi a verificare la forza umoristica del copione. Ma la sua opinione veniva utilizzata al contrario e solo se le battute non gli fossero piaciute arrivava l’approvazione per metterlo in scena. Una comicità caratterizzata da una venatura di surreale consistenza sulla quale qualche anno più tardi avrebbero pienamente affondato le mani Cochi e Renato.
A questo pionieristico intrattenimento televisivo, ne seguirono molti altri, ricordiamo i titoli più famosi Il tappabuchi, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi …no e qui la compagnia artistica cambiò per l’arrivo nella vita dell’attore di Sandra Mondaini. Una coppia che ha saputo mettere in scena se stessa nei mille duetti di Casa Vianello, una fiction condotta sul limite tra finzione e realtà che li metteva in gioco con la voglia precisa di raccontarsi. Uno sguardo sottile e velatamente acido sul menage matrimoniale e a Vianello, autore di molte sceneggiature della fiction va il merito di avere costruito questo finto gioco di finzione che diventava messa in scena della quotidianità, siparietto divertente dei ruoli che i due protagonisti si erano assegnati in anni e anni di frequentazione matrimoniale e sulla scena. Lo spettatore percepiva questa profonda sincerità e amava quel solido rapporto d’amore condito dalla routinaria conflittualità. In questo particolare aspetto ci pare risieda la modernità di Vianello che con la complicità della moglie ha messo in scena anche un’analisi di coppia mai banale e in qualche occasione anche impietosamente spietata. Un sintomo che riafferma la solidità della coppia e l’intelligenza lungimirante dei due protagonisti.
La sua passione per il calcio lo portò a condurre Pressing la trasmissione sportiva andata in onda su Canale 5 dove, tra un gol e l’altro, Vianello stemperava le passioni calcistiche con la sua solita ironia interpretando, ancora una volta, il ruolo di conduttore, così come avrebbe fatto nel 1998 al Festival di Sanremo, al di fuori di ogni schema consueto, con originalità, intelligenza e senza la paura del politicamente corretto: indimenticabili le sue battute sulla “valletta” bella e su quella brutta e la sua ostentata gentilezza nei confronti della prima.
Non è retorica, quindi, definire Raimondo Vianello un pezzo importante della storia dello spettacolo italiano, che con l’altro interprete del mondo televisivo, Mike Bongiorno, ha contribuito a costruire l’immaginario del pubblico che segretamente oggi ne rimpiange l’eleganza nel ricordo della sua leggerezza e della inarrivabile ironia.