Rapina a Stoccolma, di Robert Budreau

Dall'”assurda storia vera” che ha dato origine al fenomeno noto come “Sindrome di Stoccolma”, Rapina a Stoccolma non riesce ad andare oltre ai suoi presupposti bizzarri e al suo cast straordinario

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Tratto da “un’assurda storia vera”, Rapina a Stoccolma racconta dell’irruzione del criminale eccentrico Lars Nystrom (Ethan Hawke), datata 1973, nella banca centrale della capitale svedese. Dopo aver preso in ostaggio alcuni impiegati, costringe la polizia a scarcerare il suo amico Gunnar (Mark Strong). Con i suoi modi bizzarri, Lars riesce ad accattivarsi nel frattempo le simpatie e l’aiuto dei suoi sequestrati, soprattutto di Bianca (Noomi Rapace), sposata nonché madre di due bambini. Il film è liberamente tratto dall’articolo di Daniel Lang, The Bank Drama, pubblicato l’anno dopo l’evento e incentrato sul paradossale rapporto instauratosi tra Lars e i suoi ostaggi, che ha dato origine al fenomeno noto come “Sindrome di Stoccolma“.

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Per mettere in scena questo straordinario quanto leggendario fatto di cronaca, Robert Budreau, regista, scrittore e produttore della pellicola, raduna un cast d’eccezione, tra cui brilla il nome di Ethan Hawke, con cui ha già lavorato nel precedente Born to be blue. Ed è proprio sulla verve caricata e sopra le righe di quest’ultimo che, specie nel primo atto, il film vuole puntare per dare il senso di divertente “assurdità” della vicenda. E all’inizio funziona, specie nel contrasto tra l’ambientazione svedese, rigida, solerte e ben rappresentata dal personaggio apparentemente mesto quanto profondamente impavido di Noomi Rapace (l’iconica Lisbeth della trilogia svedese di Millennium), e il modo di fare pomposamente “americano” e spettacolare di Hawke.

Continuamente sballottata tra queste fondamentali divergenze di stili, la storia procede quasi in tempo reale, nell’arco di un paio di giorni, e interamente nella medesima location, la banca. Quello che però pareva essere l’aspetto potenzialmente più interessante della pellicola, ossia assistere all’unione tra rapinatori e ostaggi contro le forze dell’ordine per uscire tutti insieme salvi dall’edificio, finisce a lungo andare col far scricchiolare tutta la struttura, mettendone in risalto i difetti maggiori. Le negoziazioni con la polizia si fanno infatti fin troppo continue e macchinose, spezzando non solo a più riprese il ritmo della visione, ma alterandone l’immedesimazione. Rapina a Stoccolma cade allora, alquanto paradossalmente viste le premesse, proprio nel cercare di giustificare le sue “assurdità” di base, perdendo progressivamente contatto con i suoi protagonisti, che in realtà avrebbero dovuto esserne il fulcro principale.

Probabilmente non è un caso, in questo senso, che ad emergere su tutti sia il capo della polizia Mattson, interpretato da Christopher Heyerdahl, che risulterà man mano il personaggio più vero, per via della sua evidente lotta interiore tra orgoglio (di averla vinta) e dovere (di salvaguardare comunque l’incolumità degli ostaggi). Le decisioni e i  comportamenti della polizia e del governo svedese, completamente impreparati a un evento del genere eppure cinici nel rispettare il “protocollo”, diventano così l’elemento più riuscito del film, perché crescono ed evolvono assieme ad esso, quasi più degli stessi personaggi principali.

Nel frattempo, infatti, per quanto gli attori si sforzino nel celarlo (Noomi Rapace in primis), sequestratori e sequestrati arrivano a stringere legami, amicizie e amori, con una rapidità tale da far apparire il loro avvicinamento fin troppo sbrigativo e perciò debole. Se non fosse che, appunto, nell’ultimo atto l’attenzione ritorni a spostarsi proprio su di loro, in un finale che di conseguenza perde tutta la sua efficacia. Stanno qui i principali problemi del film, che si premura fin troppo di piacere, di mantenere viva alta l’attenzione dello spettatore e di sfoggiare indubbia bravura tecnica. Coerentemente con la storia, allora, Rapina a Stoccolma finisce così col risultare solo più claustrofobico della sua ambientazione sullo schermo, imprigionando e soffocando lo spettatore in un ciclo infinito di ripensamenti e colpi di scena inconcludenti, privandolo però della misteriosa e a questo punto irripetibile “magia” dell’originale.

Titolo originale: Stokholm 
Regia: Rober Budreau
Interpreti: Ethan Hawke, Mark Strong, Noomi Rapace, Christopher Heyerdahl 
Distribuzione: M2 Pictures
Durata: 92′
Origine: USA, 2019

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