“Rapunzel – L'intreccio della torre”, di Nathan Greno e Byron Howard

rapunzel l'intreccio della torreNonostante l’impeccabile computer graphics e la notevole cura dei dettagli, quel che manca a questo Rapunzel – L'intreccio della torre è la sostanza. Ovvero la forma. E il problema di fondo resta sempre lo stesso: la nuova Disney è doppiamente conservatrice, da una parte perché non riesce a distogliere lo sguardo dalle glorie del passato e dall’altra perché imita il postmodernismo spesso innocuo della DreamWorks

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rapunzel l'intreccio della torreA dirla tutta, non si nasconde una certa curiosità nei confronti del progetto originale di Glen Keane e Dean Wellins, Rapunzel Unbraided, storia di una vecchia strega annoiata dalle storie d’amore a lieto fine che decide di rapire due giovani d'oggi e di trapiantarli nel mondo delle fiabe, dove si trasformano in principe e principessa: la seconda, dai lunghi capelli biondi e reclusa in una torre, è proprio la celebre Raperonzolo. Il secondo trattamento, più fedele al racconto dei Fratelli Grimm e dunque non più “unbraided”, avrebbe previsto atmosfere più gotiche e dark in stile Tim Burton e Terry Gilliam. Passato nelle mani di Nathan Greno e Byron Howard (co-regista di Bolt – Un eroe a quattro zampe), e con John Lasseter direttore creativo degli Animation Studios, alla fine si è deciso di farne un musical, riprendendo la formula classica dei film Disney anni '90 come già era stato fatto col più riuscito e tradizionale La principessa e il ranocchio. Il problema di fondo resta che la nuova Disney è doppiamente conservatrice: da una parte perché non riesce a distogliere lo sguardo dalle glorie del passato e dall’altra perché imita l’innocuo postmodernismo della DreamWorks invece di prendere a modello la “coinquilina” Pixar. Sia chiaro, la computer graphics è impeccabile e la cura dei dettagli notevole: la pittura e il disegno narrativo sono ispirati a L'Escarpolette dell’artista rococò Jean-Honoré Fragonard, mentre il Ph.D. informatico Kelly Ward ha elaborato un software specifico per l’engineering digitale dei capelli di Rapunzel. Quel che manca è la sostanza, ovvero la forma: la regia, fin troppo controllata, fa rimpiangere le vertiginose plongée di Dean DeBlois e Chris Sanders in Dragon Trainer; il character design di Bill Schwab sembra uscito da un cartone trasmesso su Nickelodeon o dagli insostenibili The Oblongs della Warner; la struttura narrativa accumula meccanicamente sequenze musicali, alternandole strategicamente a siparietti comici e a momenti più paurosi; e anche Alan Menken ci sembra lontano dai fasti di La piccola bottega degli orrori, La sirenetta e La bella e la bestia, quando sfornava melodie indimenticabili come Under the Sea e Be our Guest. Il 3D? Spiace dare ragione ai codini: questa volta è davvero un optional.

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Titolo originale: Tangled
Regia: Nathan Greno e Byron Howard
Interpreti (voci originali): Mandy Moore, Zachary Levi, Donna Murphy, Ron Perlman, Jeffrey Tambor
Distribuzione: Walt Disney
Durata: 100’
Origine: USA 2010

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