Raqmar, di Aurelio Grimaldi
L’immigrazione tragicamente raccontata senza prendere barconi. Il regista sa essere convincente nei suoi interpreti e soprattutto nel ricreare l’atmosfera che circola nel film.

Raqmar è un villaggio arabo-berbero nel deserto del Sahara ed è il centro di reclutamento di giovani ragazzi condotti in Italia, esattamente a Genova, avviati alla prostituzione maschile d’elité, per uomini e donne d’affari, politici, esponenti dell’alta borghesia con la doppia vita. I clienti sono disposti a pagare cospicue somme e ricevere compagnia da giovani istruiti e indottrinati alle buone maniere. La storia pone l’attenzione su un fenomeno ormai diffuso in tutto il mondo occidentale. In Raqmar un’associazione clandestina, capitanata da una vera e propria maitresse (Giuliana De Sio), offre due anni di contratto con dignitoso guadagno agli ignari malcapitati e solo dopo essere sbarcati nel Belpaese scoprono i servigi per cui sono stati assunti. Prima di essere impiegati, seguono una preparazione e un “tirocinio” ben orchestrato, che segue un preciso canovaccio della seduzione. Nessuno può scappare e sgarrare, pena la reclusione e punizioni fisiche. Hicham (Mehdi Lamsabhi) sembra essere il più “portato” e richiesto, nonostante il suo carattere molto riservato e introverso. Conosce un facoltoso signore di Roma (Leo Gullotta) con il quale instaura da subito un rapporto che sembra andare al di la della semplice marchetta.
Potrebbe essere per Hicham la possibilità di liberarsi dalle catene e decidere finalmente del suo futuro. Aurelio Grimaldi, dopo Il delitto Mattarella e in procinto di ritornare sull’assassinio di Paolo Borsellino, con Raqmar apre una parentesi creativa non propriamente storica ma sicuramente di grande documentazione. L’immigrazione è trattata in un aspetto atipico e non standardizzato e canonico, come sovente ci capita di ritrovare nelle svariate opere sull’argomento. Questi flussi migratori passano da case in terra senza finestre e riscaldamenti a residenze di lusso, abiti firmati e stipendi impensabili. Non ci sono barconi da prendere e torture libiche da subire, ma basta salire su un aereo in business class. Il regista sa essere convincente nei suoi interpreti e soprattutto nel ricreare l’atmosfera che circola nel film: l’umiliazione e la dignità calpestate da uno strisciante razzismo, insito in tutti noi, è sempre presente nella richiesta opulente e disumana di una “scorta amicale ed emotiva”. Hicham, dallo sguardo pasoliniano, rappresenta un senso di ineluttabile abbandono e tristezza, senza mai perdere quel rigore nella scrittura, fatto di silenzi, parole non dette, franchezze, verità brutali senza ritorno.
Regia: Aurelio Grimaldi
Interpreti: Giuliana De Sio, Mehdi Lamsabhi, Alessio Vassallo, Halima Belagdaa, Leo Gullotta, Antonino Macaluso
Distribuzione: Enjoy Diffusion
Durata: 74’
Origine: Italia, 2025