RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2005 – Fra realtà e finzione

Il concorso lungometraggi offre al pubblico degli appassionati alcune interessanti riflessioni sul genere horror e sul suo bisogno di interrogarsi circa il proprio rapporto con il linguaggio delle immagini, con la realtà e l'industria

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Superata la boa del millennio il cinema horror sembra avere intrapreso una direzione strana, che non esiteremmo a definire "ambivalente": è infatti interessante notare come, pur rimanendo un genere aperto a sperimentazioni e attento a radiografare la realtà, l'horror abbia anche subito una mutazione che lo ha portato a diventare rispettabile veicolo di intere cinematografie. Da questo punto di vista l'apertura che il Nightmare Film Fest ha riservato al kolossal russo I guardiani della notte è paradigmatica. Le pellicole del concorso lungometraggi, dal canto loro, non fanno che confermare la tendenza in atto. Probabilmente la pellicola che meglio racchiude questo dualismo è Rojo Sangre (2005), diretto da Christian Molina, ma in realtà ascrivibile anche all'universo di Paul Naschy, sceneggiatore e interprete del film: la bizzarra storia di un attore dimenticato, che stringe un patto faustiano con il proprietario di un bordello, salvo dedicarsi nel tempo libero ad uccidere i neo-divi creati dalla pubblicità scandalistica crea infatti una bizzarra mescolanza fra l'improbabilità narrativa dei classici z-movie e la cura dell'immagine tipica dei progetti mainstream: Molina infatti si diverte a giocare con i colori, le dissolvenze e stempera in una immagine molto elaborata l'improponibilità della vicenda.

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Il confine tra plausibile e inverosimile, tra narrazione classica e nuovi stilemi linguistici contamina anche uno dei migliori titoli visti sinora al festival, ovvero Incident at Loch Ness (2004), opera d'esordio di Zak Penn, in passato sceneggiatore di film come Last Action Hero di John McTiernan. Anche in questo caso la natura duale dell'operazione è garantita dalla presenza di un interprete-autore come Werner Herzog. Il film, infatti, immagina un reportage di due giornalisti che seguono il grandissimo regista tedesco durante una disastrosa spedizione sul Loch Ness, allestita allo scopo di interrogarsi sul bisogno di mito che ha partorito il celeberrimo mostro. Peccato che la creatura non gradisca e inizi a braccare Herzog e la troupe, già vessata da insanabili contrasti fra regista e produttore. Come nel già citato Last Action Hero, Penn è bravo a raccontare la contaminazione tra la "realtà" e un universo fantasy che pretende il suo posto nel mondo. Ma, cosa più importante, il film è un intelligente e divertita analisi del cinema e del mito herzoghiano: l'autore di Fitzcarraldo si mette infatti in gioco lasciando passare al setaccio molte delle leggende circolate sul suo conto (il suo dirigere Kinski puntandogli una pistola alla testa, la sua fama di regista attratto da imprese impossibili) e, in definitiva, rimarcando come il cinema sia una illusione necessaria e il luogo dove i contrasti fra il reale e l'immaginario risultano inevitabilmente drammatici e affascinanti. Ancora una volta una buona satira dimostra di essere quella che sa anche dire qualcosa di serio sull'argomento al centro del suo interesse.

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