RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2006 – Drammi famigliari e turbamenti della mente: l'estetica del disordine

Dal melodramma noir "Firecracker" alle ossessioni visive di "The Woods", passando per le alterazioni mentali di "Headspace"; il RNFF propone percorsi differenti, le cui linee tematiche si intrecciano consapevolmente creando intriganti punti di contatto. Diverse forme di orrore, diverse forme di urgente visionarietà

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La sezione a concorso del Ravenna Nightmare Film Fest si muove lungo direttrici diverse, che spesso incrociano i propri percorsi; film differenti tra loro che, pur muovendo spesso da presupposti opposti, e procedendo verso obiettivi lontanti tra loro, finiscono per trovare affascinanti punti di contiguità. In questo senso è possibile rintracciare un comune denominatore nella tensione verso il disordine (narrativo, mentale, locale) che permea alcune opere presentate a questo festival.

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Firecracker (2005), diretto da Steve Balderson, è una sorta di melodramma con venature noir, ambientato in un piccolo paese del Kansas rurale. Balderson, memore forse di suggestioni derivate dagli impianti drammaturgici di Tennessee Williams, mette in scena un cupo universo famigliare nel quale il prepotente fratello maggiore domina sul resto della famiglia, l'anziano padre, una madre pervasa da un fanatismo religioso e il fratello minore, debole e timido; una struttura domestica che per certi versi ricorda quella di La valle dell'Eden di Elia Kazan, e che trova un rispecchiamento nel circo che si installa nella medesima città, nel quale il dispotico padrone domina incontrollato sull'intero gruppo di bizzarri personaggi che lo compongono (innegabilmente ispirati a Freaks di Tod Browning). Firecracker, pur latitando parzialmente nell'elaborazione narrativa (e non riuscendo a evitare una certa confusione di fondo), ma mescolando torbide ossessioni e momenti di vibrante tentione drammatica, sorprende dal punto di vista figurativo; impeccabile la scelta delle scenografie e dei costumi, di grande impatto visivo alcune sequenze, nelle quali la scelta cromatica e l'alternanza del bianco e nero permette di trasfondere nelle immagini i laceranti dilemmi esistenziali nei quali si dibattono i personaggi. Notevole la presenza scenica di Mike Patton e di Karen Black, entrambi a loro agio in due ruoli di notevole spessore, contornati da un carosello di inquietanti figure che si muovono disordinatamente tra i carrozzoni del circo e le stanze gravide di tensione rappresa.

Di tutt'altro tono il film che segna il ritorno al RNFF dello statunitense Lucky McKee, che dopo aver proposto May nel 2004, ha presentato The Woods (2006). Il film, sorta di remake non ufficiale di Suspiria di Dario Argento, ambientato come il celebre antecedente in un collegio immerso nei boschi, dimostra una volta di più la maestria del regista americano. Lavorando sull'aspetto sonoro, che combina suoni, rumori e voci fino a trasmettere allo spettatore la disturbante percezione di un universo privo di coordinate razionali, McKee costruisce uno spazio claustrofobico e perturbato; in questo ambiente ostile, la collegiale Heather, protagonista del film (una notevole Agnes Bruckner), scopre progressivamente che la causa delle improvvise sparizioni che affliggono la vita del collegio è da ricercarsi nel tumultuoso passato dell'istituzione, e che le oscure forze che seminano terrore e morte non sono soltanto il prodotto della sua pur fervida immaginazione. Formalmente elegante e curato in ogni dettaglio, The Woods ben si inerisce all'interno di una delle tematiche caratterizzanti questa edizione del RNFF, i boschi e l'infanzia come momento nevralgico della vita, e riesce nel non facile tentativo di proporre nuove interpretazioni a una storia dai presupposti non originali, ma che si sviluppa in un racconto di dolente e sconcertante angoscia.


Opera prima di Andrew Van Den Houten, lo statunitense Headspace (2005) è invece un interessante saggio-esperimento di cinema visionario. Il film, impreziosito dalla presenza di attori del calibro di Udo Kier, Olivia Hussey e Sean Young, è il racconto allucinato della progressiva discesa del protagonista nei meandri più sconosciuti della sua mente. Colto da un'improvvisa accelerazione della propria intelligenza, il giovane Alex comincia ad avere inquietanti visioni che ne affliggono l'esistenza; la presenza di mostri sanguinari e la morte progressiva di molti amici ne compromettono la stabilità emotiva. Headspace (emblematico il titolo, che raffigura lo "spazio mentale" come il luogo per eccellenza dell'esperienza esistenziale) brilla per la ricerca esaperata (ed esasperante) di una collocazione di se stessi in una situazione sociale modificata dalle proprie ossessioni; le entità che vengono alla luce portanto terrore e morte, ma soprattutto richiedono la necessità di una radicale trasvalutazione del proprio posto in un mondo in via di sgretolamento.

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