RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2008 – I dubbi nell'anima, la comicità nel sangue

The Alphabet KillerPresentati al festival due lungometraggi dagli esiti difformi: The Alphabet Killer di Rob Schmidt, incentrato sui percorsi che la poliziotta protagonista deve compiere all’interno della sua mente lacerata dall’orrore di un serial killer, e The Cottage, divertente incursione nei territori dell’horror-comedy in un tripudio di gag e affondi splatter. Taglia il traguardo del sesto anno di attività il Ravenna Nightmare Film Fest e dimostra di non aver perso la capacità di mescolare le carte per dare spazio agli approcci più differenti, non necessariamente collegati direttamente al genere horror.

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The Alphabet KillerTaglia il traguardo del sesto anno di attività il Ravenna Nightmare Film Fest e dimostra di non aver perso la capacità di mescolare le carte per dare spazio agli approcci più differenti, non necessariamente collegati direttamente al genere horror.

Ad esempio le due pellicole presentate nella seconda e terza giornata di programmazione (il 28 e 29 ottobre), nell’ambito della sezione Concorso Lungometraggi, possono ascriversi l’una ai territori del thriller e l’altra a quella del grottesco che, pur con abbondanza di elementi splatter, deriva facilmente nel comico.

The Alphabet Killer, diretto da quel Rob Schmidt che qualche anno fa si era fatto notare con il discreto (ma sopravvalutato) Wrong Turn vede infatti la giovane poliziotta Megan Paige indagare su un serial killer la cui firma distintiva è l’omicidio di minorenni con le stesse iniziali del nome e del cognome. Assunto invero deboluccio, che per questo viene rafforzato dal percorso parallelo che Megan deve compiere all’interno della propria psiche, lacerata e che lascia pertanto spazio a visioni d’orrore con protagoniste le sventurate vittime del mostro. Il thriller si colora quindi di fantastico, sebbene Schmidt, che rivendica la storia come ispirata a fatti realmente accaduti nella provincia di New York, sia attento a lasciare che la componente realistica risulti maggioritaria rispetto a quella più facilmente spaventosa. Ne viene quindi fuori un bizzarro ma poco efficace thriller d’attori, gratificato peraltro da un buon cast, con volti iconici come la bella Eliza Dushku vista in Buffy l’ammazzavampiri (ma il parallelo più agevole è con la visionaria protagonista di Tru Calling), Cary Elwes, Michael Ironside, Bill Moseley e, in un piccolo ruolo, il grande Tom Noonan che ci riporta con la mente ai fasti di Manhunter (sebbene qui il suo sia un ruolo assolutamente paterno e positivo).

The CottageIl cambio di passo che avviene con il britannico The Cottage, diretto dall’esordiente Paul Andrew Williams, è quindi notevole poiché la storia di due improvvisati rapitori che si rifugiano in una casa di campagna in compagnia del loro ostaggio (la sboccata figlia di un boss della piccola malavita londinese), rivendica sin dai titoli di testa il suo diritto a giocare con gli stilemi di una situazione già vista molte altre volte, che viene pertanto rielaborata con massicce dosi di ironia, capaci, nella parte finale, di dare vita a una spassosa splatterfest. Il modello dichiarato sembra quello del primo Peter Jackson, parallelo reso evidente dalla scelta, come attore protagonista, dell’ottimo Andy Serkis, l’anima dietro i corpi digitali del Gollum e di King Kong; ma Williams rifugge l’eccesso barocco del predecessore per un maggiore equilibrio narrativo che permette al film di non poggiarsi soltanto sul sangue, ma anche su una serie di dinamiche fra i protagonisti molto divertenti e in grado di mantenere il ritmo piuttosto alto. Quello che manca è forse la capacità di sovvertire davvero gli stilemi di genere, poiché il percorso scelto dal giovane regista è infatti totalmente interno a situazioni ormai molto codificate, ivi inclusa la parte finale alla Non aprite quella porta. Resta comunque il divertimento e l’ottima chimica fra gli attori, fra i quali svetta il fobico e incapace personaggio di Reece Shearsmith, capace di stagliarsi come una figura memorabile.

 

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