RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST: L'invasione degli "Eurozombies"

La figura del morto vivente attraversa gli spazi offerti dal Festival dimostrando la sua natura fortemente politica e la sua innata propensione a rimettersi in gioco attraverso opere bizzarre che rinnovano il linguaggio cinematografico. Notevoli i risultati, che vedono l'Italia e la Spagna farla da padroni

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La scelta di dedicare una sezione del RNFF alla figura dello zombi europeo si situa in una più larga ricognizione intorno a questa icona dell'Horror, che ha attraversato indenne gli ultimi trent'anni di storia del cinema (e dell'immaginario globale) riuscendo sempre a incarnare quel groviglio di responsabilità mancate e sensi di colpa rimossi con il quale l'Occidente deve suo malgrado tornare a confrontarsi. Limitata la scelta (soltanto quattro titoli), ma intrigante l'amalgama, che privilegia esempi italiani e spagnoli, a dimostrare l'innata propensione del cinema mediterraneo per questa figura, di antica memoria.

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E' infatti del 1963 il primo titolo della rassegna, il peplum-horror Roma contro Roma, diretto da Giuseppe Vari. La bizzarria della riscoperta permette di soprassedere sulla qualità intrinseca (a onor del vero assai modesta) di un titolo un po' forzatamente incluso nel genere: gli zombies di Vari, infatti, sono in scena per pochi minuti nel finale e hanno foggia di spettri evocati da uno stregone armeno contro i romani.


La componente politica insita nella scelta di rivoltare contro gli invasori imperiali le loro stesse milizie, ormai ridotte al rango di non morti, testimonia la natura irriducibile di una figura che nel gioiello di Jorge Grau Non si deve profanare il sonno dei morti (1974) assume invece connotazioni ecologiste. Presentato in versione doppiata in inglese, il film di Grau è una chiara variazione sul tema de La notte dei morti viventi, forte di un colore fumettistico e di un afflato naturalista che si estrinseca in esterni verdeggianti, in felice contrasto con le atmosfere gotiche che l'autore padroneggia a meraviglia e con il rosso del sangue, presente in abbondanza grazie ai cruenti effetti speciali del nostrano Giannetto De Rossi.

Un nome, quest'ultimo che collega il film di Grau al classico Zombi 2 (1979), del maestro Lucio Fulci: un film di straordinaria compattezza narrativa (nonostante le bizzarre digressioni, quali la lotta fra uno zombie e uno squalo), con un crescendo emozionale nella sua progressione, destinato a culminare nell'assedio "western" del finale. Ma soprattutto Fulci è impagabile nel mettere in scena una vera e propria rivolta del Terzo Mondo che, anche in questo caso, rivolta contro i bianchi wasp e colonialisti i simulacri del loro potere temporale. Nell'isola tropicale di Matul, infatti, il vudù sfrutta i cadaveri dei conquistadores spagnoli per dare fondo alla sua vendetta. Il morbo finisce infine per dilagare anche a New York (partendo ovviamente dalle zone più degradate, quali il Bronx, Coney Island…) testimoniando l'irriducibilità dell'autore.


Il non meno compianto Amando De Ossario, con il suo Le tombe dei resuscitati ciechi (1971), del quale si è vista una copia in eccezionali condizioni, pone invece la prima pietra di una personale quadrilogia che rappresenta uno dei più interessanti e originali contributi del cinema europeo alla causa del fantastico mondiale. I suoi Templari Ciechi rientrano in un'ottica d'autore personale, e rappresentano la personificazione di un potere bigotto che deprime le aspirazioni degli esseri umani e incide sulla sfera dei rapporti interpersonali. I personaggi infatti presentano varie tipologie di problemi sessuali (gelosia, frigidità) che i Templari arrivano a impersonificare con efficace gusto visivo, fornendo il destro per una messinscena stilizzata e intrigante, nonostante un ritmo fin troppo rarefatto.

Forte della sua lunga tradizione, lo zombie arriva poi a rimettersi in gioco, offrendosi a gustose operazioni di rivisitazione e variazione sul tema nelle opere presenti in concorso. Il lungometraggio Una de Zombies (2003) del folle spagnolo Miguel Angel Lamata è infatti un delirante pastiche incentrato sulla volontà registica che anima il giovane nerd Aijon. In tal senso la storia ingloba i tasselli della sbandata vita di questo personaggio, il quale arriva a mettere in scena un conflitto con un santone che sfrutta dei punk-zombies come tirapiedi. Il tutto con un umorismo nonsense, azione e cattivo gusto. L'operazione può risultare stucchevole in virtù della tendenza a mantenersi sempre sopra le righe, ma il regista riesce nel difficile compito di non sfilacciare il racconto, mantenendo un ritmo sostenuto fino alla fine e le molte trovate visive testimoniano di una capacità che non si contenta del mero divertimento, ma sa rinnovare le forme del genere.


L'Irlanda dal canto suo risponde con il corto Strangers in the Night (2003), divertente spoof che gioca con i cliché del genere e sfrutta una messinscena alquanto sgangherata per raccontare l'ennesima invasione di morti viventi creati da un virus liberatosi da un laboratorio. Decisamente più intrigante il portoghese I'll See You in My Dreams (2003) diretto da Angel Vivas, che in 19 minuti condensa l'odissea del cacciatore di zombies Lucio, costretto fra il dovere e il rimpianto per aver causato la metamorfosi della moglie adultera in morto vivente. Con intelligenza Vivas rilegge il mito dello zombie europeo aggiornandone l'estetica all'era del videoclip e omaggiando i primi Peter Jackson e Sam Raimi. Il materiale è degno di un lungometraggio, e il risultato infiamma per la capacità di dare vita a un baraccone citazionista e visivamente saturo che riesce laddove aveva miseramente fallito l'House of the Dead di Uwe Boll.

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