RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST – Orrori nipponici, il genio di Jess Franco e zombi mai così umani: le nuove frontiere dell'horror

I film in concorso al Nightmare Film Fest rivelano un tentativo di uscire dalle convenzioni del genere. Tra le atmosfere rarefatte di "Kakashi", la demenzialità di Franco e gli zombi carnivori di "Dead Creatures", uno sguardo alle tendenze del cinema horror contemporaneo.

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Allo scopo di salvare un proprio parente, una giovane entra in un paese che non conosce, dove la gente del posto la tratta come un'estranea e tenta di ucciderla. Non è la versione horror di La città incantata, ma la storia di Kakashi, film giapponese di Norio Tsuruta tratto da due racconti basati sul manga Junji Ito's Manga Collection. Il primo film in concorso al Nightmare Film Fest di Ravenna è un horror piuttosto convenzionale nella struttura narrativa e nella centralità della protagonista; ma è quantomeno encomiabile il tentivo di operare una variazione all'interno di una formula non esattamente originale, innestando elementi però soltanto parzialmente innovativi quali i sentimenti (amore e gelosia spinti alla morbosità) e gli spaventapasseri (i "kakashi", appunto) che a un tratto prendono vita e attaccano la protagonista. Ai limiti del grottesco, invece, come ormai ci ha abituati a vedere, la performance realizzata dallo spagnolo Jess Franco (come ben sanno i suoi cultori, questo è soltanto uno dei molteplici nomi con i quali ha firmato i suoi film) con Killer Barbys vs. Dracula, sequel del precedente Killer Barbys realizzato nel 1996. L'improbabile storia ideata da uno dei registi più prolifici di sempre (circa 200 film in 40 anni) vede un affamato conte Dracula arrivare negli Stati Uniti con l'obiettivo di succhiare il sangue alla rockstar Silvia, cantante del gruppo delle Killer Barbys. In questo caso la dissacrazione del genere raggiunge livelli a tratti addirittura eccessivi. L'umorismo ghignante di Franco trasforma ogni evento e ogni personaggio in un pretesto per scatenare una sfrenata verve demenziale, alla quale non sfugge nulla e nessuno; esemplare, a questo proposito, la scena nella quel Dracula, all'interno della propria bara, si muove seguendo il ritmo della musica suonata dal gruppo.

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Con Dead Creatures di Andrew Parkinson, infine, il registro cambia completamente. Si tratta di un film cupo e morboso, inquietante, nel quale un gruppo di ragazze, colpite da un virus sconosciuto, sono spinte a uccidere gli esseri umani e a nutrirsi della loro carne. È impossibile, ovviamente, non pensare a George A. Romero e alla sua trilogia sugli zombi. Ma il film di Parkinson, dando prova di una corerenza estetica e di un'ambizione programmatica davvero rare nel cinema horror, dimostra, se possibile, di voler andare ancora oltre. Se nell'ultimo film della sua trilogia, Il giorno degli zombi, Romero aveva mostrato i suoi zombi non più soltanto come essere affamati di carne ma come creature in grado di recuperare un barlume di coscienza, quelli di Parkinson sono quanto di più vicino a noi si possa pensare; veri esseri umani, di fatto, dediti al cannibalismo, eppure condannati a morire in breve tempo. Questa visione, lucidamente pessimistica, è la chiara metafora di una società malata nella quale le regole sono sovvertite e l'unica legge possibile è quella "uomo-mangia-uomo". Un universo ossessivo, disperato, nel quale gli zombi del terzo millennio cercano conforto vivendo insieme e curandosi a vicenda. Pochi registi (forse soltanto Carpenter e Romero) sono stati in grado di raccontare la società occidentale attraverso un film horror: Andrew Parkinson, con Dead Creatures, ne segue la scia.

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