Real, di Adele Tulli

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Un documentario che non cerca di strecciare il presente digitale nei suoi pericoli e speranze, ma che ce lo restituisce in mano. Il futuro è tra noi.

Il futuro è già qui, solo non è stato ancora equamente distribuito
William Gibson

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C’è un trend che va molto di moda ultimamente nella bolla social cinese. Dei ragazzi si lanciano in situazioni surreali, uno schiaffo si può trasformare in una padella piena di spaghetti che con un movimento fluido viene rapidamente sostituita da una tenda. Lo scopo è imitare parodicamente i video realizzati con l’Intelligenza Artificiale. Un segnale chiaro di come i confini tra realtà e finzione si stiano sempre più sfumando. C’è anche una domanda che ci si potrebbe porre osservando i video in AI: di chi è il punto di vista che osserva le trasformazioni magmatiche? Real di Adele Tulli, documentario presentato allo scorso Festival di Locarno, sembra assumere su di sé questo interrogativo. Chi è che osserva il bambino che interroga Bixby (la Alexa/Siri cinese) o la seduta di meditazione su Zoom con cui si apre il film? Chiudete gli occhi, il viaggio comincia.

Lo sguardo diffuso al centro di Real attraversa il mondo alla velocità della luce attraverso la fibra di vetro. Attraverso gli schermi, emerge in numerose parti del mondo: in Corea del Sud, in un villaggio smart di Busan dove tutto è automatizzato; a Venezia, dove qualcuno vestito da alieno si mette in posa per essere fotografato dai turisti; in USA, dove una ragazza che partecipava alla seduta di meditazione si spoglia davanti al suo cellulare per guadagnarsi da vivere; nell’etere, in un Role Play Game dove si sviluppa la relazione tra due persone separate da 19 ore di fuso orario (e che contano i secondi che li separano dal loro primissimo incontro); attraversiamo una metropoli asiatica attraverso la dash-cam di un rider, le cui immagini vanno in diretta su internet. Assumiamo perfino lo sguardo di un robot pulitore, che ricostruisce lo spazio privato di un salone, dove vediamo un uomo seduto su un divano con indosso un casco VR.

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Gli stimoli con i quali ci colpisce Real sono moltissimi, così tanti da non poter essere colti da una sola occhiata. Tulli non cerca in alcun modo di strecciare l’intrigo di questioni, problemi e speranze del digitale. Li abbraccia e ce li pone davanti agli occhi, dalla possibile libertà di vivere al di là di un corpo nel quale non ci si riconosce, alle difficoltà di chi cade in depressione perché non riesce a stare al passo, fino alle catene di un ipotetico controllo totale sulle nostre azioni. In questo ventaglio di possibilità che si apre davanti ai nostri occhi, però, sembra dispiegarsi un grande schema, un futuro fuori dal tempo che si auto-assembla attraverso e oltre ognuno di noi e che allo stesso tempo ci cambia. Real diventa così un film imprescindibile per lasciar andare la presunzione di capire il nostro presente. Non c’è bisogno di alzare gli occhi alle stelle per cercare gli alieni. Basta aprirli e lasciarsi andare alla danza del mondo specchiato nei pixel di un computer o un telefono, dove state leggendo questa recensione.

Regia: Adele Tulli
Distribuzione: Luce Cinecittà
Durata: 83′
Origine:
Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.4
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)

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