Red Joan, di Trevor Nunn

Una Judi Dench superlativa non basta a tenere alti i ritmi di un film che prova a mescolare spy-story e mélo riprendendo una storia realmente accaduta

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In attesa di momenti migliori, per riproporre alle istituzioni discorsi sul cinema doppiato che in Italia vanno avanti dai tempi di Mario Gromo, sveleremo già dalle prime righe che il motivo principale di interesse di Red Joan di Trevor Nunn è proprio l’interpretazione di Judi Dench. Fatta di sguardi sommessi e di frasi titubanti che raccontano un personaggio sopraffatto dal mondo che cambia. Elementi che andrebbero quanto più possibile fruiti attraverso la voce originale di Judi Dench, liberata dall’imposizione di una lingua non sua, azione che in casi come questi suona quasi come condire la pasta col ketchup oppure fare i baffi alla Gioconda (senza essere Duchamp).

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Eppure Joan la rossa di cambiamenti nel corso della storia ne aveva visti. Si era distinta per brillantezza studiando fisica all’Università di Cambridge ed era riuscita ad entrare in una struttura di ricerca nucleare top secret.
Il mondo però sta attraversando uno dei periodi più neri della storia (la Seconda Guerra Mondiale prima e la Guerra Fredda poi) e la giovane Joan non se la sente di consegnare il mondo nelle mani di chi vuole distruggerlo. Per questo decide di diventare una spia del KGB in modo da garantire una sorta di equilibrio tra i due blocchi, divisi soltanto da tanta paura e dalla Cortina di Ferro. 

Red Joan

I produttori di Marylin e Shakespeare in love decidono di imbattersi nuovamente nell’impresa di restituire la storia a tinte mélo, soffermandosi però stavolta su un momento storico parecchio delicato per mettere in scena una spy-story.
Coefficiente di difficoltà altissimo se spionaggio e Guerra Fredda si intrecciano. Ma quando il film riesce il gioco vale sempre la candela (chiedere allo Spielberg de Il ponte di spie per ulteriori conferme).

Non va così per Red Joan, il cui peso della sinossi ricade tutto sulle spalle della già citata highlander Dench.
La storia d’amore vissuta dalla giovane Joan (Sophie Coockson) restituisce dei continui flashback in una Cambridge bucolica come quella de La Teoria del Tutto, in cui il fatto di passare informazioni ad uno Stato nemico sembra un semplice giochetto di cui pentirsi a dieci lustri di distanza.

Allora, visto che la vicenda è tratta da una storia vera e quindi non lascia nemmeno quel pathos legato al ‘come andrà a finire’, forse sarebbe stato interessante condire di maggiore realismo l’intero film.
Magari aggiungendo ulteriore materiale di repertorio (che quando c’è funziona) ed emancipandosi da certi luoghi sì magnificamente ricostruiti, ma che al posto di facilitare l’immersione in un contesto storico, altro non fanno che astrarre la vicenda di Joan ad una cinematografica atemporalità. Proprio come il doppiaggio.

 

Titolo originale: Id. 
Regia: Trevor Nunn
Interpreti: Judi Dench, Stephen Campbell Moore, Sophie Cookson, Tom Hughes.
Distribuzione: Vision Distribution e Cloud 9 Film
Durata: 105′
Origine: Gran Bretagna,2018

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