Rendez-vous 2018 – Robert Guédiguian e Ariane Ascaride per La Casa sul Mare

Incontro a Roma con il regista e la sua musa, protagonista anche de La Villa, presentato a Venezia74 e in sala in Italia da giovedì prossimo

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Tornare alle origini provoca sempre una riflessione, un bilancio su quello che si è fatto, gli impegni presi e mantenuti, sui fallimenti e sui successi. Tornare alle origini significa fare il punto su se stessi, cosa che Robert Guédiguian fa attraverso i protagonisti del film La Villa, ricreando ancora una volta quel mood fatto di personaggi ed ambienti nei pressi di Marsiglia che costituiscono lo scenario di tutti i suoi film.

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Tra i protagonisti naturalmente Ariane Ascaride, moglie, musa e riferimento artistico del regista francese, per il quale ha recitato in moltissime parti, e che lo accompagna a Roma per l’uscita in sala del film in concomitanza con il passaggio al Festival Nuovo Cinema Francese. L’attrice precisa il concetto rispetto ad Angèle, una di tre fratelli, il ruolo da lei  interpretato ne La casa sul mareLei la vediamo molto chiusa nella sua durezza, che è quello che le consente di continuare a vivere. Dopo aver fatto ritorno, aver frequentato nuovamente i suoi fratelli ed aver ricominciato a parlare con loro, dopo aver accettato i ricordi della propria infanzia e di tutto ciò che la struttura, si arriva alla fine del processo. Arrivano i bambini, ed è normale che lei apra le tende e li accetti, perchè nuovamente può accettare un bambino, cosa che fino ad allora le era impossibile“. 

Proprio l’internazionalismo potrebbe diventare una causa cui essere devoti, introdotta tramite la figura dei piccoli rifugiati che dovrebbero farci prendere coscienza che ormai non solo la condivisione della ricchezza ci coinvolge tutti, perchè siamo un unico mondo, ma che oltre che il lato economico è vero anche dal lato ecologico.

Si parla di passato, si parla di tempo, di cambiamenti, quella che non è cambiata è la voglia di assecondare le utopie di un mondo migliore da immaginare. Penso non si possa vivere senza sogni, dice Guédiguian, penso non si possa agire senza sogni, oggi di sogni ce ne sono di meno. Pensiamo ad esempio al sogno europeo, contro cui sbattiamo ogni giorno, e voi italiani ne sapete qualcosa, o al sogno comunista che è scomparso quasi ovunque. Vivere soltanto del presente, come fanno i due giovani della Casa Sul Mare, credo che sia impossibile. Ci sono tre generazioni di sogni nel film. I vecchi muoiono con i sogni che hanno avuto. La mia generazione che cerca un nuovo sogno e trova attraverso i rifugiati l’auspicio ad un nuovo internazionalismo. E la generazione successiva che vive nel presente, si muove si agita ma probabilmente ha il cuore a sinistra e la testa a destra.”

Oggi, secondo Guédiguian, manca una grande causa da difendere e questo mette i giovani fuori dalla Storia, lasciandoli al livello di una vita inconsistente che è sempre da considerarsi una tragedia. Soltanto il pescatore, figura che essendo rimasto nel luogo dell’infanzia ha apparentemente rinunciato ad inseguire i propri sogni, continua a credere nell’educazione popolare, nelle scuola, ad andare a fare teatro nelle periferie, e proprio da questi comportamenti il personaggio esce nettamente riabilitato e mostra il vero volto e risultando molto più positivo di quanto potrebbe sembrare.” Mentre gli altri sono adagiati sopra un nastro trasportatore, una scelta comoda anche se probabilmente meno prolifica sotto il profilo umano.

Ci pensa ancora una volta la Ascaride con una frase a spiegare il portato malinconico e di nostalgia raccontato dalla storia: Non bisogna pensare che il film sia triste, effettivamente siamo nel dolore, ma penso sia dal dolore, dalla riflessione sul dolore, che nasce la felicità“.  Un piano drammatico fatto di immobilità, di sbagli, di rimpianti sul quale Guédiguian si esprime in maniera impossibile da fraintendere: “Come troviamo in Cechov, che è un po’ un’ispirazione in questo film, c’è una rassegnazione combattente“. Un’energia latente, l’opposto di una impulsività debordante, una motivazione di natura ideologica che per il regista è quantomeno improbabile possa mai venire meno.

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