RENDEZ-VOUS – "Camille Claudel 1915”, di Bruno Dumont
La mano dell’artista che non può più produrre la sua arte si confronta con il volto dell’attrice che si smaschera per lasciare il posto alla realtà del tempo, della stanchezza e dell’età.
Tre definizioni sono sufficienti per raccontare la storia di Camille Claudel: scultrice, amante e, volgarmente, matta. Artista amante di Auguste Rodin e poi soltanto paziente di manicomio.
Bruno Nuytten nel 1988 ne aveva realizzato un film (Camille Claudel, interpretato da Isabelle Adjani e Gérard Depardieu) ispirandosi al libro di Reine-Marie Paris, nipote di Paul Claudel, fratello di Camille. Il film raccontava dell’incontro della giovane con l’artista molto più grande di lei, l’amore, i problemi e il triste epilogo durato trent’anni.
Bruno Dumont un po’ di anni dopo, ispirandosi al carteggio di Camille con il fratello Paul, in Camille Claudel 1915 (in concorso al 63° Festival del cinema di Berlino) ha scelto di raccontare, o meglio di scrutare, delle stanze di vita quotidiana della scultrice negli anni del manicomio: più precisamente soltanto alcune giornate, quelle prima del sabato in cui il fratello Paul le avrebbe fatto visita. Scene di attesa, di sofferenza e di speranza.
Juliette Binoche voleva lavorare con Dumont, è stata lei stessa a suggerire l’idea del film di cui è protagonista indiscussa: occupa quasi ogni scena, il regista le offre molti primi piani, spesso al centro dell'inquadratura. Deposta la maschera della giovane bellezza
Dumont in quadra continuamente le sue mani, le responsabili di tutto. E allora, la mano dell’artista che non può più produrre la sua arte si confronta con il volto dell’attrice che si smaschera per lasciare il posto alla realtà del tempo, della stanchezza e dell’età.
Gli studi filosofici di Dumont non si nascondono nel momento in cui affronta uno dei temi più importanti del Novecento, cioè quello del ritrarsi e dell’assenza di Dio, sviluppato nel modo più originale da Hans Jonas in particolare nel saggio Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Il filosofo si domanda quale senso possano conservare, al cospetto di una rivelazione così potente del male quale
E infatti non c’è musica, soltanto Bach nei titoli di coda, un po’ come se fosse una pace che si può ottenere solo alla fine, arrendendosi.
Titolo originale: id.
Regia: Bruno Dumont
Interpreti: Juliette Binoche, Jean-Luc Vincent
Origine: Francia, 2013
Distribuzione: n.p.
Durata: 95'