#RomaFF10 – La libertà è nell’aria… The Walk, di Robert Zemeckis

Un magnifico film sulla libertà: cosa ci spinge ad affrontare i rischi per inseguire i nostri sogni? Sono le traiettorie dello sguardo a colpire in questa esperienza visiva che non può non essere 3D

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“Questo è un film su un uomo nello spazio”

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Naomi Shohan, scenografa di The Walk

 

Fare cinema è (anche) una questione di traiettorie. E, dove possibile, in quei rari casi di cineasti consapevoli, anche di sfide. Il cinema è, da sempre, orizzontale, anzi negli ultimi decenni sempre più orizzontale, dal momento in cui gli schermi 16:9 hanno sostituito un po’ alla volta i vecchi 4:3.  Il grattacielo, invece, è la cosa verticale più grande che sia mai stata inventata dall’uomo. E nel 1974, la cosa più grande era in finale di costruzione al World Trade Center. Le due “Torri gemelle”, alte 415 metri, costituivano all’epoca la sfida più grande che l’uomo avesse mai sperimentato contro la forza di gravità, i due grattacieli più alti di sempre.

Da un lato, dunque, abbiamo questa visione verticale, di due “monoliti” kubrickiani, che incredibilmente segnano con la precisione della durata vita umana, il “tempo della modernità” (4 aprile 1973/11 settembre 2001).  Dall’altra abbiamo il segno che unisce due punti nello spazio, una linea retta (che ricorre nel film) orizzontale, il luogo preferenziale del funambolo, l’artista della fune.

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Orizzontale, verticale, orizzontale. Sono le traiettorie dello sguardo a colpire in questa esperienza visiva che non può non essere vista in 3D (in mancanza di Imax, in Italia dobbiamo accontentarci). Perché è lo spazio, il vuoto, l’aria, il luogo preferenziale dove il corpo di Petit, ha deciso di vivere. Perché è lì, solo lì sopra che trova il suo senso di vivere. E perché il cinema è soprattutto una questione di “punti di vista” (dal basso, dall’alto, in soggettiva…).

Ma, come gli grida con forza il suo maestro, “non c’è spettacolo senza pubblico”. Ed ecco che il suo show deve realizzarsi di giorno, quando tutti possono vederlo esibirsi. Ma, anche, non c’è spettacolo (cinematografico?) senza troupe, senza un’equipe affiatata e organizzata che lo realizzi. Fin troppo facile intravedere nella complessità dell’operazione “camminare su una fune tra una torre e l’altra del World Trade Center”, la complessità del fare cinema. Fare cinema è sempre una questione di equilibrio, soprattutto emozionale. E Robert Zemeckis, consapevole e beffardo, parte proprio da lì. Cosa ci spinge ad affrontare i rischi, per inseguire i nostri sogni? Quale parte di noi, inevitabilmente collocata nel centro nevralgico della giovinezza, ostinatamente si impone a tutto e a tutti pur di affermare la nostra volontà di essere “liberi e indipendenti”?

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Philippe Petit, sulla fune tra le due torri il 7 agosto 1974

Ecco, The Walk è un magnifico film sulla libertà, ma non solo per la questione del “sovvertire le regole sociali”, ma proprio per questo inseguire un proprio gioco/sogno, che non si sa mai esattamente qual è, ma che continua ad ossessionarci fino a che non lo abbiamo realizzato. Non è un caso che Zemeckis collochi il proprio personaggio narratore sulla Statua della libertà, e che questo ragazzo, oggi uomo (Philippe Petit) venga dalla Francia (proprio come la Statua, del resto). Perché è da lì che viene l’illuminismo, “l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso” come diceva Kant, e l’America, dalla sua fondazione, è la “terra della libertà” per antonomasia, anche se spesso più per dichiarazione d’intenti che nelle pratiche sociali. Ma questa libertà, questo “stato di grazia”, si riesce a provare, a volte, solo per pochi magici istanti, quelli che ci rendono incredibilmente consapevoli di quanto sia necessaria, proprio come l’aria, la condizione di essere libero. E per esserlo realmente spesso bisogna scontrarsi con lo status-quo del “mondo reale”, fatto da uomini pigri che hanno smesso da tempo di sognare per esercitare il loro arbitrio sugli altri, poiché ormai incapaci di esercitarlo su se stessi.

Dovevo solo restare sul filo”, dice Philippe Petit/Joseph Gordon-Lewitt, ad un certo punto della sua incredibile esibizione. Poliziotti da una parte, Torre Sud, poliziotti dall’altra, Torre Nord. La libertà è nell’aria (ma fate attenzione agli uccelli….)

PS: solo un cineasta “morale” poteva non citare neppure per un secondo l’11/9 in un film sulle Twin Towers. Complimenti a Bob Zemeckis per il coraggio!

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