FILM IN TV – Ricomincio da capo, di Harold Ramis

L’eroe disilluso di Lost in Translation è quello che Bill Murray sarebbe diventato se l’insistente sveglia di Groundhog Day non gli avesse ricordato che quello era il giorno giusto cambiare vita

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La trama di Groundhog Day è una sintesi efficace della carriera di Bill Murray. Il protagonista è condannato a ripetere per sempre uno dei giorni più anonimi della sua vita così come l’attore ha riproposto lo stesso personaggio sin dal suo esordio di Meatballs di Ivan Reitman. Le diverse fasi della sua filmografia hanno soltanto declinato in modo diverso la figura del misantropo senza mai rinunciare a sfruttare il suo isolamento egocentrico. Le altre star vivrebbero una simile reiterazione come un limite mentre il suo caso assomiglia di più alla volontà precisa di restare in una zona di comfort. Groundhog Day è una nuova versione di quello che accadeva al tycoon televisivo di Scrooged di Richard Donner. I due film si assomigliano soprattutto perché fanno coincidere la componente fantastica e fabiesca degli eventi con una ricorrenza festiva che favorisce una sospensione della verosimiglianza. La sceneggiatura di Danny Rubin ricevette molti premi e si discosta da quella di Mitch Glazer e Michael O’Donoghue perché non è l’aggiornamento di un grande classico dickensiano come A Christmas Carol. La scelta di mettere in concomitanza l’incantesimo che affligge Bill Murray e l’assurda festività del giorno della marmotta non ha solo un intento satirico verso alcune superstizioni americane. L’eroe è un meteorologo locale e in sostanza fa lo stesso mestiere del roditore che il due di febbraio di ogni anno dovrebbe annunciare la persistenza dell’inverno o l’arrivo precoce della primavera. Il suo risentimento verso l’annuale trasferta nel parco principale della cittadina innevata nasce anche dal fatto che il beniamino locale gli rinfaccia quello che sarà il suo destino. L’ambientazione nella magic town di Punxsutawney attribuisce a Groundhog Day una sfumatura alla Frank Capra. La connotazione all’insegna dell’ottimismo romantico si ricollega al costante tentativo di redenzione che il cinema ha cercato di operare su Bill Murray. La stesura originale dello script faceva risalire il sortilegio della sveglia che ritorna sempre al punto di partenza alla maledizione di un’amante tradita. Ovviamente, il protagonista non si limitava a sedurre e ad abbandonare ma indulgeva a scatenare il suo cinismo sulle false illusioni dell’innamorata. Il suo contrappasso è quello di venire continuamente rifiutato dalla sua assistente di produzione della quale si è infatuato. I suoi infiniti tentativi di seduzione terminano sempre con un ceffone fino a convicerlo a risolvere la sua frustrazione con il suicidio. Gli innumerevoli tentativi di farla finita corrispondono ad un analogo numero di gag ma nemmeno la morte impedisce alla radio di far suonare I Got You Babe alle sei di mattina. L’insopportabile accanimento è una versione prolungata della seconda opportunità che il cinema decide di dare al protagonista.

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Bill Murray deve essere una persona migliore di quello che è, e nemmeno buttarsi dal campanile più alto di Punxsutawney può salvarlo. L’iniziale repulsione dell’uomo verso l’ingenuo entusiasmo provinciale degli indigeni deve trasformarsi in un’ammirazione verso la vita di comunità. Il suo atteggiamento scostante viene perseguitato da una pletora di seccatori che lo assilla sin da quando esce dalla sua stanza e alla fine è costretto a convertirsi anche al piacere della loro compagnia. La differenza con Scrooged è che il meccanismo basato sul deja vu consapevole è molto più affascinante e l’espediente del loop narrativo era molto più innovativo di quanto non sia ora che è stato assimilato. Il processo di adattamento del protagonista ad una nuova realtà fatta di empatia e di sensibilità è molto più diluito e naturale di quanto non avvenisse nel caso della parabola natalizia. La totale aderenza dell’attore al carattere del personaggio è amplificata delle mani amiche di un regista come Harold Ramis. Il fatto che il movente del suo cambiamento sia il desiderio di conquistare Andy MacDowell rende i suoi sforzi molto più credibili. Groundhog Day è anche l’ultima volta in cui Bill Murray è stato indotto a forzare la sua natura. Wes Anderson e Sofia Coppola non gli chiederanno mai una simile impresa e riconosceranno che il suo talento risiede nella serena accettazione della sua asocialità. Il padre assente di Rushmore e la star disillusa e malinconica di Lost in Translation sono quello che il meteorologo del film sarebbe diventato se ogni volta Sonny & Cher non gli avessero annunciato che il due febbraio era il giorno giusto per cambiare la sua vita.

 

Titolo originale: Groundhog Day
Regia: Harold Ramis
Interpreti: Bill Murray, Andie MacDowell, Chris Elliott, Stephen Tobolowsky
Durata: 103′
Origine: Usa 1993
Genere: commedia
Sabato 4 giugno, ore 23,15, La7D

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