Porno, horror della mutazione e promozione di un prodotto per bambini sul/dal corpo di un’attrice bionda, magra, dal volto radioso e malizioso, rassicurante e invitante alle fantasie sessuali più acrobatiche da vedere/vivere nello spazio senza tempo con gli occhi chiusispalancati. Un ritratto appassionato dell’attrice scomparsa il 12 aprile scorso a 56 anni – VIDEO – GALLERIA FOTOGRAFICA
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“…A me piace davvero questo genere di film, ma, pare impossibile, c’è sempre qualcuno a infastidirti…”. In giro di notte a piedi per le strade di una città corpo mutante come il suo e quello degli altri abitanti, Marilyn Chambers/Rose si ferma davanti a un cinema a luci rosse, cerca i soldi in tasca, guarda i manifesti, entra. E nel buio della sala, abbordata da un uomo (che di lì a poco soccomberà, infilzato da Rose, dal suo doppio sesso sotto l’ascella, una ferita-vagina dalla quale esce uno spuntone-pene), l’attrice pronuncia quella dichiarazione, sensuale e profondo istante extra-diegetico che dal film che la contiene, Rabid di David Cronenberg, si espande nella sovrimpressione con i fotogrammi di una filmografia hard-core che precede il capolavoro del regista canadese del 1976 e proseguirà negli anni seguenti, ma anche con le immagini di una pubblicità per il detersivo Ivory Snow che in quegli stessi anni raffigurava Marilyn Chambers stringere a sé un bébé biondo. Porno, horror della mutazione e promozione di un prodotto per bambini sul/dal corpo di un’attrice bionda, magra, dal volto radioso e malizioso, rassicurante e invitante alle fantasie sessuali più acrobatiche da vedere/vivere nello spazio senza tempo con gli occhi chiusispalancati.
Era l’inizio degli anni Settanta quando Marilyn Chambers, nota appunto come “the Ivory Snow girl”, atterrò con il suo corpo leggero e energico nell’industria del porno, come risposta della costa del Pacifico alla diva hard della costa atlantica, la Linda Lovelace di Gola profonda. Lanciata nello star system del porno dai Mitchell Brothers, Artie e James, autori del capolavoro visionario, lisergico, d’avanguardia figurativa Behind the Green Door, uscito nel 1972, lo stesso anno di quell’altro testo fondamentale dell’hard firmato da Gerard Damiano. Bastò quel film in cui Marilyn/Gloria veniva rapita, ipnotizzata e portata in un club privato, protagonista oltre la porta verde di numeri erotici coreografati come un musical, per renderla indimenticabile, Marilyn Chambers. Che con i fratelli Mitchell (miliardari per il successo di Behind the Green Door e poi inabissati in una tragedia familiare di violenza e morte – raccontata anche nel libro di David McCumber Vietato ai minori e nel film di Emilio Estevez Rated X) lavorerà poi in Resurrection of Eve (1973), in cui interpreta una ragazza sfigurata in seguito a un incidente automobilistico che dopo un intervento di chirurgia plastica prenderà le forme di una donna sensuale e disinibita. Prologo hard a Rabid, dove Marilyn Chambers, nella scena iniziale con il corpo, ma non il viso bellissimo, nascosto nella tuta aderente da motociclista, sarà protagonista di un’altra mutazione radicale, ancora come conseguenza di un incidente, stavolta in moto. Un trapianto di pelle sperimentale e infetto la farà rinascere, ancora una volta altra e identica, corpo insaziabile (e Insatiable è il titolo di un altro suo capolavoro porno, per la regia di Godfrey Daniels, come anche Up’n Coming, altro suo film magnifico, entrambi con cast stellari, a partire da John Holmes) e desiderante che il cinema (e programmi erotici, come quello che l’ha vista presentare, in veste di guida speciale, ma con una scena di sesso indimenticabile nella sua flagrante naturalezza, una puntata della compilation erotica Electric Blue) ha continuato a percorrerlo, anche dopo gli anni più luminosi. Con quegli occhi chiusispalancati nella sovrimpressione del desiderio e della morte. Dal godimento che non vorrebbe finire mai, scritto sul suo volto in primo piano in un’immagine memorabile, carnale e teorica, avvolta nel buioluce di un’inquadratura elaborata come un fermo immagine dipinto nella sua im-mobilità, di Insatiable, al suo corpo privo di vita nel finale di Rabid, gettato con gli occhi sbarrati tra i rifiuti e caricato da un furgone dell’immondizia. Segno di una fine materiale ineludibile e di un’estasi diffusa oltre il tempo di una vita negli intrecci inestricabili negli spazi ivory snow della purezza estrema del porno e dell’horror.
Behind The Green Door (1972)
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