Roberto Silvestri "matto da legare", di Simona Petrilli

Quale migliore introduzione per l'entrata in scena di Silvesti della lettura di  un suo articolo scritto per salutare il grande Karel Reisz?

In questo modo si è trovata da subito la via d'accesso, l'unica scorciatoia ad effetto per presentare il critico: la sua scrittura.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Signore e signori ecco a voi Roberto Silvestri, critico cinematografico de "Il Manifesto" nonché direttore di "Alias":


"Esistono due vie per le immagini Dogma o Eresia. Accademia o Isadora Duncan. Farsi chiudere nello stile o cavalcare avventurosamente, al di là del lecito…"


Un incipit bellissimo scritto per celebrare un uomo che non vorremmo mai dimenticare. Parole che nascondono un altro cavaliere con la visiera alzata, sprezzante e fiero, anche lui in groppa a un cavallo scalcinato,(l'unico concesso da un quotidiano che vende così poco!) poeta e combattente, scrittore operaio,(operaio non in senso berlusconiano, o forse si ???) spiazzante clown di furioso coraggio, un po' stronzo forse ma "free"sempre, comunque, proprio come Karel Reisz.


È arrivato con un po' del sacrosanto ritardo che ci si aspetta dalle persone intelligenti e stalunate


e ha iniziato a parlare, parlare, parlare…


Mi è venuto subito in mente mio fratello, "vecchio"militante-cinefilo sostenitore del Manifesto da sempre,"l'hai letta la critica di Silvestri? Ma che dice?"


Dice di Enzo Ungari, il mangiatore di film, capitato a Cannes, sprofondato in poltrona, abbuffato da tanta solennità, svegliato dal suo torpore solo di fronte alle immagini di Gola profonda di Gerard Damiano.Ci racconta del periodo dei cineclub,"con la tessera potevi fare tutto anche a due passi dal Vaticano"quello delle grandi scoperte: il cinema sionista di sinistra di Amos Gitai, quello poetico delle figure femminili che riempiono il mondo fertile di Michel Khleifi, la polvere delle montagne dell'Anatolia smossa da un altro grande regista e pensatore,Yilmaz Guney (un altro cinema, un altro mondo).Poi le carrellate a seguire gli anni delle Nouvelle Vagues, non solo la ipercelebrata ondata di critici-registi della Parigi degli anni cinquanta e sessanta ma tanto altro, Rocha ad esempio, il S. Giorgio del serto brasilero, (altra polvere che brucia gli occhi) un eroe assoluto.


Silvestri orienta ora il flusso ininterrotto delle sue parole sui problemi riguardanti il mondo dei finanziamenti cinematografici, ma il discorso si perde nuovamente nel cinema, quello delle immagini e nei suoi occhi, dietro gli occhiali,lo seguiamo nuovamente smarrito "Ma poi che ce ne frega del cinema, ci sono cose più importanti".


Certo, la politica, la geografia internazionale-ista, le tradizioni culturali, tutto questo e il cinema, tutto questo insieme al cinema. La realtà e la sua ombra l'una legata all'altra indissolubilmente.


Tutto questo dice Silvestri e continuerà a dirlo dalle pagine del suo giornale, volteggiando sulle punte.

Hasta siempre Roberto!

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