RoFF 19 – Avetrana – Qui non è Hollywood: incontro con il regista

Pippo Mezzapesa e il cast hanno raccontato la genesi della serie ispirata a uno dei casi mediatici che ha sconvolto l’Italia

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La nuova serie targata Disney+ e presentata alla Festa del Cinema di Roma, Avetrana – Qui non è Hollywood, affronta la dolorosa vicenda avvenuta 15 anni fa in Italia di Sarah Scazzi. Di prodotti che parlano di fatti di cronaca ne conosciamo molti e il problema è sempre lo stesso, riuscire a non cadere nel sensazionalismo.

In sala il regista Pippo Mezzapesa esordisce dicendo “Il pericolo era quello di avere anche un coinvolgimento emotivo troppo forte, ma noi abbiamo raccontato dei fatti e ci siamo limitati a quello senza voler aprire altre strade, non siamo giudici, avvocati o giornalisti. A noi interessava raccontare una storia per quello che è emerso, esplorandone cause e conseguenze”.

Si è trattato di esplorare e comprendere la complessità del male e questo è avvenuto tramite i personaggi. L’intento è stato quello di andare oltre l’apparenza indagando le loro fragilità che poi hanno portato all’accaduto. Mezzapesa continua dicendo che il presupposto per questa produzione è stato proprio quello di avvicinarsi il più possibile all’umanità di questa storia: “Abbiamo cercato tutti quanti sin dall’inizio di entrare nel profondo di questa vicenda rimanendo nei confini del verosimile, rispettano le persone che questa storia racconta. Quello che ci ha interessato è stato esplorare la normalità del contesto da cui tutto è scaturito, sondando l’abnormità che poi questo delitto ha suscitato”.

Davide Serino, uno degli sceneggiatori aggiunge: “Volevamo raccontare fatti e archetipi, volevamo scavare nella tragedia che però non si limitasse alla cronaca e raccontare una famiglia che si disgrega”.

Secondo Matteo Rovere, il produttore, interrogarsi su come il male debba e possa essere rappresentato è un esercizio che a livello produttivo e artistico si fa continuamente e che è necessario fare per rappresentare il mondo in cui viviamo in tutta la sua complessità: “Io credo che la serialità italiana debba fare un percorso che il linguaggio internazionale fa, quello di andare a scandagliare tutti i livelli della società senza spaventarsi, ma utilizzando l’audiovisivo come strumento di analisi critica personale”.

Una particolarità della serie Avetrana è la sua struttura narrativa, suddivisa in quattro episodi, ciascuno focalizzato su un punto di vista diverso dei protagonisti, a cominciare dalla vittima Sarah, per passare poi a quello della cugina Sabrina, lo zio Michele Misseri, arrivando alla fine alla versione di Cosima Serrano. Questo approccio permette di esplorare le sfumature delle loro esperienze e relazioni, offrendo allo spettatore una visione più completa della storia. Non si tratta di ripetere gli eventi da angolazioni diverse, ma di far progredire la narrazione in modo coerente, rivelando progressivamente le verità nascoste dietro la vicenda, una struttura difficile ma particolare e sicuramente interessante.

“Questa narrazione è esattamente la chiave del racconto, mentre studiavamo i soggetti ci siamo resi conto che avevamo bisogno di far avanzare la storia” dice Antonella Gaeta, sceneggiatore della serie, “perché andavamo in profondità con ciascun protagonista e ogni personaggio ci portava nella sua essenza. Quello che abbiamo voluto raccontare è stato ciò che non si è visto e che invece stava accadendo e questo modo di raccontarlo è stata la soluzione”.

Pippo Mezzapesa conclude dicendo: “Questo è stato il presupposto della narrazione perché volevamo raccontare una storia prismatica e metterci nei punti di vista di ogni personaggio e quindi c’è un susseguirsi di punti di vista che ha comportato anche un cambio di regia, di fotografia. Si passa dall’ilarità del primo episodio a un graduale incupimento dell’atmosfera”.

L’auspicio dei creatori è che la serie possa contribuire a una maggiore empatia e comprensione nei confronti di storie come quella di Sarah Scazzi, sottolineando l’importanza di affrontare temi così delicati con la dovuta attenzione e rispetto.

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