RoFF 19 – Eterno Visionario. Incontro con Michele Placido e il cast
Il regista ha raccontato alla stampa il suo ritratto della vita di Luigi Pirandello, svelandone i retroscena tecnici e narrativi, insieme a Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi
A due anni di distanza da L’ombra di Caravaggio, Michele Placido torna alla Festa del Cinema di Roma con il suo ultimo lungometraggio, Eterno Visionario, basato anch’esso, come il film precedente, sulla vita di una delle figure più significative della storia italiana, Luigi Pirandello.
A svelare i retroscena del processo creativo del film alla stampa erano presenti in conferenza, oltre allo stesso Placido, gli sceneggiatori Matteo Collura e Toni Trupia e gli attori Fabrizio Bentivoglio (protagonista del film), Valeria Bruni Tedeschi, Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo, Federica Luna Vincenti (in veste anche di co-produttrice) e Michelangelo Placido (figlio del regista).
La prima domanda chiama in causa gli attori, a cui viene chiesto di spiegare come hanno fatto ad immedesimarsi nella vita di personaggi la cui vita viene sempre poco raccontata. Risponde per primo Bentivoglio, che nel film interpreta proprio il grande drammaturgo siciliano: “A scuola ci fanno leggere subito le opere, ma non ci parlano quasi mai della vita di questi grandi artisti. Io penso che per capire appieno la poetica di un autore come Pirandello sia impossibile scindere la sua vita dalle opere. È soltanto attraverso lo studio della sua vita che ci rendiamo conto che essa è stata la prima fonte d’ispirazione della sua scrittura”.
Segue Valeria Bruni Tedeschi: “Non era la prima volta che “entravo” nella camera da letto di Pirandello e di sua moglie Antonietta, lo avevo già fatto trent’anni fa con Fabrizio nel film di Bellocchio La Balia, e quindi ho avuto l’impressione di entrare trent’anni dopo nella stessa stanza. Ciò che più mi ha colpito della sceneggiatura è stato scoprire come la follia di lei (Antonietta), rimasta per tanto tempo inesplosa in gioventù, trovi il suo scoppio definitivo nella vecchiaia, portandola a dire tutte le cose più fastidiose che non erano mai state dette prima”.
C’è poi un momento in cui lo stesso Michele Placido “prende il controllo” della conferenza e interpella lo sceneggiatore Matteo Collura (autore della biografia Il Gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello, alla quale il film si ispira), a cui viene chiesto di esprimere un parere sulla storia narrata. Risponde Collura: “Innanzitutto devo ammettere che nel momento in cui sono stato contattato da Michele ho provato una grande emozione, perché per me il solo fatto di poter lavorare assieme a lui è un enorme privilegio. Vedendolo girare il film, mi sono reso conto che gli è successa la stessa cosa che era successa a me quando scrivevo il libro, perché mentre io e Toni Trupia lavoravamo insieme a Michele in fase di scrittura, lui (Michele) si alzava e girava intorno alla stanza improvvisando le scene, facendo capire che Pirandello, ancor prima del pubblico, ha stupito gli attori. Direi quindi che la forza di questo personaggio veniva proprio dalla sua infelicità, ed è solo così che si può arrivare a scrivere un’opera come i Sei personaggi in cerca d’autore”.
Successivamente, tutti gli altri membri del cast condividono le loro opinioni sui personaggi interpretati, incominciando da Aurora Giovinazzo, che dice: “Nel film c’è un bellissimo rapporto tra i figli di Pirandello che va un po’ a colmare l’assenza del padre. Sul set si è creato questo clima familiare tra gli attori che ci ha aiutato tantissimo durante le riprese, abbiamo studiato tanto insieme e cercato di avere più informazioni possibili per cucirci addosso i nostri personaggi”.
Segue Giancarlo Commare: “Io ho sempre amato Pirandello, fin dai tempi in cui studiavo le sue opere a scuola, ma è stato molto interessante scoprire delle cose in più sulla sua vita e sul suo rapporto con la famiglia. Nel caso di Stefano, il mio personaggio, è stato molto bello indagare il suo rapporto con la madre, che non è mai riuscito a tutelare come avrebbe voluto”.
Conclude il giro Michelangelo Placido: “Io posso dire di essermi affezionato al mio personaggio (quello di Fausto) grazie al grandissimo lavoro di ricerca che abbiamo fatto sulle lettere scambiate con Pirandello. Mi sono affezionato molto a lui per il fatto che fosse un uomo che ha sofferto molto la mancanza di attenzioni del padre, il quale era totalmente assorbito dal suo lavoro”.
A chiudere l’incontro è lo stesso Michele Placido, il quale ne approfitta per fare gli elogi alla sua produzione: “Per un film del genere era fondamentale avere una scenografia monumentale, come quella utilizzata per la sala della cerimonia di consegna del Premio Nobel a Stoccolma che era identica all’originale. In questo senso devo ringraziare la produzione e Federica (Vincenti) per avermi dato l’opportunità di andare in Belgio a prendermi il materiale necessario, non pensavo di poter trovare lì una materia cinematografica così bella, cosa che in Italia ormai non si trova più. Dopo Caravaggio non si poteva scendere di livello, e io qui credo onestamente di essere salito di un gradino rispetto al film precedente”.