RoFF19 – Squali. Incontro con Alberto Rizzi e il cast
Ad Alice nella Città presentato Squali, opera seconda di Alberto Rizzi, che dirige una favola nera lungo monti Lessini, tra la frontiera degli spazi del western e I fratelli Karamazov

Alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Panorama Italia di Alice nella città, è presente fuori concorso Squali, l’opera seconda di Alberto Rizzi, liberamente ispirata a un classico senza tempo come I fratelli Karamazov di Dostoevskij. È una favola nera nei monti Lessini, che prende corpo tra gli spazi che riecheggiano il western e il lessico del capolavoro russo.
Oggi a Casa Alice è stato presentato il film, dove oltre ad Alberto Rizzi era presente gran parte del cast tra cui Mirko Artuso (La giusta distanza, Effetto domino), Stefano Scherini (La migliore offerta, La pazza gioia), Chiara Mascalzoni, Diego Facciotti, Francesca Sartore, Sara Putignano e Alessandro Apostoli.
La prima domanda è rivolta proprio a Rizzi quando gli viene chiesto il motivo del libero adattamento di un capolavoro della letteratura come I fratelli Karamazov.
“La letteratura per me è lì per essere saccheggiata. I fratelli Karamazov ha un grosso vantaggio: una trama riducibile in cinque righe, ma il romanzo è di mille e duecento pagine dove c’è tutto l’abisso del genere umano. Dostoevskij è un grande ispettore del genere umano; lo scandaglia nei minimi dettagli e questo credo sia estremamente cinematografico perché porta una potenza, all’immagine, alla recitazione e alla scrittura”.
Dalla Russia dell’Ottocento all’oggi dei Monti Lessini in Veneto; una delle domande in sala, per il regista e il cast, riguarda proprio il legame con lo spazio nel film, che ricorda molto quello del western classico.
“Il western ci racconta della frontiera – risponde Rizzi – è un genere reinventato da noi italiani con Sergio Leone. Anche Squali si può considerare un western, non nel senso che ci sono i cavalli e i cappelli, ma la frontiera è dentro l’animo umano. Ci sono anche i paesaggi, dove l’ombra e la luce combattono insieme. E non è forse questa anche l’essenza dei Karamazov? Inoltre, il Veneto è spesso definito il Texas di Italia, con le sue grandi praterie che ricordano molto quelle texane”.
All’intervento si accodano anche i due attori, Mirko Artuso e Stefano Scherini. “Nella Lessinia ci sono le miniere fossili – dice il primo – luoghi in cui si ritrova il paesaggio western. E poi c’è la provincia, con tutte le sue dinamiche che da un lato sono familiari e identitarie, dall’altro si ritrovano in qualsiasi tipo di provincia”.
“Nella nostra versione de I Karamazov – nota il secondo – è presente anche quell’aspetto interessante dei western di un territorio non definito, come la frontiera. Da un lato ha un’identità molto forte dal punto di vista naturalistico nel suo essere ambientato in un territorio unico come la Lessinia; dall’altro lato è una zona in continuo mutamento proprio come quelle del western”.
Dal genere di riferimento il focus si sposta poi alla spiritualità presente nel film come nell’opera dostoevskiana. “La crisi di Alëša è il centro del romanzo. Io mi sono domandato se fosse il caso di inserire nel film contemporaneo un tema che sembra antico come quello della religione. Qui in realtà, più che di religione si parla di spiritualità, che è fortemente presente nei personaggi e nella loro ricerca di salvezza. In Alessio è identificata nella Santa, in Ivan nel suo rapporto con Flor, in Demetrio nella Crucca. Da notare come in tutti i personaggi maschili la salvezza arriva da un personaggio femminile. È una donna che poi salva tutti, non a caso”.
“La Santa – spiega Chiara Mascalzoni sul suo personaggio – permette ad Alessio di andare nel mondo e di vivere la sua vera vita fuori e non di stare dentro al Monastero. Quindi è la sua Santa che gli permette di andare a vivere la vita”.
Viene evidenziato anche il carisma degli attori, chiamati a interpretare dei personaggi archetipici. “È stato l’elemento più coraggioso di questa produzione – nota Rizzi – ringrazio i produttori perché per la prima volta ho avuto la possibilità di partire dagli attori ancora prima di scrivere la sceneggiatura. Mi sono preso il tempo per lavorare singolarmente con ciascuno di loro. Squali vive dei loro volti e delle loro voci”.
“Il mio personaggio preferito è la famiglia – confessa infine Rizzi – perché penso che questo sia un film sulla famiglia, e l’ho capito solo dopo il montaggio che l’ha resa un altro dei personaggi. Il finale che mostra i fratelli insieme lo fa capire e tutto assume un senso più chiaro”.
L’incontro termina poi con una curiosità circa il titolo del film. “Gli squali sono la ferocia e questo film parla della ferocia. Poi il fatto che sia una storia ambientata in montagna e il titolo sia Squali mi sembrava doppiamente interessante”, conclude scherzando il regista.
Squali di Alberto Rizzi uscirà nelle sale il 12 novembre.