#Roma FF11 – Swiss Army Man, di Daniel Kwan e Daniel Scheinert

Agrodolce e divertente quadretto sulla solitudine, sorretto da una levità che permette ai registi di giocare e mischiare simboli, generi, citazioni, sfruttando appieno al fisicità dei protagonisti

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Quanto può essere forte la volontà di sopravvivere, pur essendo allo stremo delle forze, di sopravvivere in (e nonostante) un mondo che non ci capisce e ci rigetta? Tanto da far resuscitare un cadavere e trasformarlo in compagno di gioco e avventura, in strumento polifunzionale (un uomo-coltellino svizzero, come recita il titolo) per la salvezza? Succede questo a Hank, intrappolato su un’isola deserta e pronto a farla finita definitivamente, finché non scorge Manny, cadavere dai superpoteri particolari, che lo trasporta, lo disseta, lo aiuta a tornare a casa e, in cambio, letteralmente impara la vita da lui.swiss-army-man3
I due registi di videoclip Daniel Kwan e Daniel Scheinert (in arte Daniels), qui al primo film, dipingono con Swiss Army Man un agrodolce quadretto sulla solitudine e lo sconforto, sorretto da una levità che permette loro di giocare e mischiare simboli, generi, citazioni. E nel gioco divertente e surreale intessuto attraverso i due protagonisti, che si danno al film anima e corpo (un sempre intenso Paul Dano affiancato egregiamente da un sorprendente Daniel Radcliff, che letteralmente mette a disposizione tutta la propria fisicità), troviamo le più svariate suggestioni, da Castaway a Weekend con il morto, a Frankenstein. Proprio il testo di Mary Shelley, con le sue trasposizioni (e parodie) cinematografiche, fa tornare alla mente il tema dell’uomo che combatte la Natura, la caducità delle cose innanzitutto. Come della semplice spazzatura buttata con noncuranza può rivivere se osservata attraverso lo sguardo giusto, anche un uomo può tornare alla vita e partecipare al mondo – (ri)attraversando simbolicamente le fasi dell’evoluzione umana: fuoco, caccia, filosofia, arte, amore, il gusto della narrazione.

 Anche se il gusto della narrazione di Swiss Army Man, sezione Panorama di Alice nella Città, si poggia calcando troppo la mano sulle interpretazioni dei protagonisti e le possibilità del mondo fantastico che la storia dipinge… fino a perdersi in una sorta di mind game movie che diventa arte fine a se stessa, smarrendo quella carica di sincera leggerezza e grottesca (ai limiti del trash) gravità che l’impronta surreale, animata dalla colonna sonora altrettanto sopra le righe e da due interpreti più che in parte, aveva permesso e promesso nei primi due terzi del film.

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