#RomaFF10 – Intervista esclusiva ad Asier Altuna Iza

Per questo film il regista basco si è aggiudicato il Premio Irizar del Cinema Basco e la Menzione speciale del Premio Signis all’ultima edizione del Festival di San Sebastian

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Presente nella selezione ufficiale del Festival del Cinema di Roma con il film Amama – When a Tree Falls, il regista basco Asier Altuna Iza si è aggiudicato il Premio Irizar del Cinema Basco e la Menzione speciale del Premio Signis all’ultima edizione del Festival di San Sebastian.

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Uno dei protagonisti principali del suo film è la natura. Che ruolo ha nella sua vita e nel film?

Ora vivo in città ma ho vissuto molti anni in campagna. Nei Paesi Baschi è normale essere circondati dalla natura. Io sono parte di questo ambiente… e di questa rottura. Abbiamo cercato di riprenderla in tutti i suoi momenti importanti anche climatici, girando una settimana in estate – è preziosa la luce in estate – e per cinque settimane in autunno, privilegiando invece l’oscurità e i colori delle foglie che cadono. Avrei voluto terminare le riprese in inverno ma la Produzione non me lo ha consentito. Era importante che questi contrasti esprimessero il conflitto che è nel film. La natura da molto ma toglie anche molto.

amamaNel suo film racconta di un conflitto generazionale molto forte. Quanto è stato parte della sua vita questo conflitto?

Se la domanda è se mi sia capitato, la risposta è sì. Se la domanda è se il film sia autobiografico, no, non lo è. In definitiva è una storia familiare. Molte persone uscendo dalla proiezione mi hanno chiesto se raccontassi le loro storie. Credo che la figura del contadino, con il suo attaccamento alla terra e i suoi silenzi, sia molto simile ovunque. Nelle ultime generazioni sono intervenuti molti cambiamenti e ogni generazione vive questi cambiamenti in modo personale. Le generazioni più anziane li patiscono di più.

Amama custodisce il passato, vive nel presente ma sembra guardare al futuro. È corretto pensarla come metafora del tempo?

Mi piace molto questa domanda. Amama è l’anima del tempo: in lei si riflette il passato e c’è in lei l’idea di trasmissione. C’è una frase nel film che esprime questo concetto: “ottanta nonne fa si viveva nel neolitico”. “Ottanta nonne fa” corrispondono a circa 5000 anni, un tempo lunghissimo, eppure ciascuna nonna è vicina all’altra e questo relativizza il tempo. Amama interviene nel conflitto in maniera molto sottile. Penso alla scena in cui padre e madre rompono il silenzio; lei si allontana: si è compiuta la sua trasmissione. Del resto anche la locandina del film esprime questa sua funzione sottile, con Amama che sussurra ad Amaia.

In questo scontro lacerante di cui ci racconta nel film, c’è anche una chiave di lettura politica?

No, non c’è stata questa intenzione. Anche se immagino che qualcuno vorrà trovarla. In realtà è un film molto intimista, che mi è salito da dentro e che nella sua realizzazione mi ha dato un grande senso di libertà.

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