#RomaFF10 – Pan. Viaggio sull’isola che non c’è, di Joe Wright

La scrittura di Barrie e il live action sembrano indigesti al cinema del regista. E qualcuno dovrebbe dire a Rooney Mara che non si trova più in un film di Fincher o Soderbergh. Ad Alice nella Città

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Forse chi ha adattato grandi classici della letteratura non può più tornare bambino. Ha perduto quell’innocenza, quello sguardo che guarda le cose come se fosse la prima volta. Lasciando perdere Disney, basta ricordare l’Hook di Spielberg per capire, come attraverso il cinema, si poteva tornare a sognare. Almeno per un po’. Almeno per la durata del film.

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Joe Wright però non ha la leggerezza della fiaba. E dopo un inizio dalle tracce noir, fa sentire tutta la pesantezza di uno sguardi più adatto a grandi classici della letteratura (da Jane Austen per Orgoglio e pregiudizio a Tolstoj per Anna Karenina). La scrittura di Barrie e il live action sembrano invece alla fine risultargli indigesti.

Il dodicenne Peter (Levi Miller) vive in un orfanotrofio di Londra dopo che la madre è stata costretta a separarsi da lui subito dopo la sua nascita. Una notte incredibile viene trascinato dentro un mondo fantastico, Neverland, abitato da pirati, guerrieri e fate. Assieme alla guerriera Tiger Lily (Rooney Mara) e James Hook (Garrett Hedlund), il ragazzino deve affrontare e far fuori il perfido pirata Blackbeard (Hugh Jackman) per salvare Neverland e diventare l’eroe che sarà conosciuto per sempre con il nome di Peter Pan.

rooney mara in pan viaggio sull'isola che non c'èPan. Viaggio sull’isola che non c’è convive in maniera sterile con il 3D, che sembra essere più attrattivo che funzionale. Al di là di alcune scene deboli per impatto (i bambini portati via dall’orfanotrofio), il film accumula immagini come per cercare la variazione rispetto al testo, tra aerei in volo e creature sottomarine bionde. Tra la materia e l’acqua, alla ricerca della soluzione visiva fighettina (la soggettiva a testa in giù) e con le musiche pompate di John Powell, quasi una sorta di concerto in un contesto sbagliato. E se Hugh Jackman se la cava con mestiere, Levi Miller invece è un opaco, futuro Peter Pan. E Rooney Mara continua invece a stare con gli occhi sbarrati tutto il tempo. Forse qualcuno gli dovrebbe dire che non si trova più in un film di Fincher o Soderbergh.

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