#RomaFF10 – Wes Anderson: “Totò è il Buster Keaton italiano”

Il regista e la scrittrice Donna Tartt protagonisti stasera alla Festa del Cinema in sala Petrassi. E per Anderson il film italiano del cuore è L’oro di Napoli di De Sica

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Wes Anderson, Donna Tartt. Un regista, una scrittrice (Premio Pulitzer nel 2014 per Il cardellino) e un viaggio nel cinema italiano. Caratterizzato proprio al tema assegnato dal Direttore Artistico Antonio Monda attraverso un viaggio di 5 clip. Donna Tartt spazia quindi tra Medea (1970) di Pier Paolo Pasolini (“Ha una qualità ritualistica e ipnotica”), La notte (1961) di Michelangelo Antonioni dove curiosamente sceglie lo stesso frammento commentato ieri da Paolo Sorrentino (“Non penso ci sia un film migloore sulla solitudine, La signora di tutti (1934) di Max Ophuls che è stato girato in Italia (“Kubrick diceva che Ophuls riusciva ad attraversare i muri con la macchina da presa e questo film anticipa Lola Montes”) e La grande bellezza (2013) proprio del cineasta napoletano (“Un film che ti trascina, pieno di luce nell’ombra dove quasi tutto emoziona”).

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Donna Tartt by Beowulf SheehanAnche Wes Anderson segue le tappe di questo percorso. Ammette di non aver mai visto Medea ma “il ritmo che ho visto nella clip mostrata è ipnotico”. Ma conosce molto bene Il vangelo secondo Matteo (1964) “dove c’è una sensazione da documentario”e poi è stato colpito dall’interpretazione di Willem Dafoe nel Pasolini (2014) di Abel Ferrara. Di Antonioni dice: “Ho visto L’avventura a 19 anni quando stavo decidendo di diventare regista e ho subito desiderato di voler riuscire a fare quell che ha creato lui”. Poi di La grande bellezza ha subito detto: “Ho subito pensato che era un capolavoro”. Sul fatto che in Italia abbia avuto delle reazioni contrastanti mentre all’estero è stato molto amato ha aggiunto: “Può accadere che un film sia più amato all’estero che nel proprio paese. Per esempio, è successa la stessa cosa anche a Luca Guadagnino con Io sono l’amore“.

Il regista poi si sofferma sul rapporto tra letteratura e cinema: “Di solito diciamo che un film è migliore quando viene adattato un libro che si conosce poc. Difficilmente affermiamo la stessa cosa con grandi classici della letteratura. Ci possono essere casi però in cui sono belli sia il libro che il film, come per esempio Shining“.

vittorio de sica in l'oro di napoliPoi risponde alle domande del pubblico. Anni fa Martin Scorsese aveva fatto il suo nome designandolo come suo erede: “L’ha detto molti anni fa e forse perché si trovava costretto, dalla domanda del giornalista, a fare un nome. Non so se oggi la pensa ancora così”. Poi parla della sua creatività: “Prima passavo molto tempo a leggere e guardare film. Oggi ne ho meno. Però può essere anche alimentata da figure che consideriamo come mentori o anche da coetanei da cui abbiamo imparato molto”.

Infine sceglie il suo film italiano del cuore, L’oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica: “‘Ho scoperto circa due anni fa e da quel momento ho cominciato a parlarne con tutti. De Sica è un maestro e penso che questo è uno dei suoi capolavori. Sono sempre attratto dalla struttura di film a episodi che non sono connessi tra loro. E’ un po’ come una raccolta di raccnti brevi. Uno di quelli che mi ha colpito d più è quello dello stesso De Sica che interpreta il conte che gioca a carte con il figlio della portiera del palazzo e perde. Ah poi c’è Totò. Lui è il Buster Keaton italiano“.

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