#RomaFF11 – Maria per Roma, di Karen Di Porto

Nonostante le incertezze dello stile, la Di Porto riesce a far sentire tutto il suo affetto per le storie che racconta e ha la capacità di interagire davvero con i mille volti della sua odissea

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Le infinite peregrinazioni di una giornata qualunque di Maria David, aspirante attrice e key holder di un agenzia che affitta appartamenti nel centro storico di Roma. Tra consegne di chiavi, turisti da accogliere, servizi di vario genere, incontri con amici attori, piccole scene di produzioni indipendenti da girare, provini da fare. Eccetera eccetera… La quotidianità frenetica, a rotta di collo, a un passo dall’esaurimento, se non fosse per un sogno da inseguire. Che pur assomiglia solo a un miraggio, un’illusione destinata a svanire tra le luci artificiali di un mondo che di bello sembra avere ben poco. Karen Di Porto, al suo primo lungometraggio, racconta una storia che pare conoscere molto bene. E che, sicuramente, noi conosciamo, per un motivo o per l’altro.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Come sempre non è il caso di parlare di generazioni (son sempre tutte creazioni?), ma quella stanchezza, quelle occhiaie, quella frenesia che sa di disagio di Maria, tutto ci appartiene.

C’è sicuramente qualcosa di squilibrato in Maria per Roma. A cominciare dalla scrittura, con una serie di scene e frammenti che dovrebbero andare in direzione della leggerezza, ma che finiscono per essere delle piccole bombe capaci di far esplodere l’impianto generale del film, col rischio di depotenziarne la carica emotiva (alcune gag con il cane Bea, le piazzate della madre insopportabile e nevrotica, le esternazioni becere di Rino, il titolare dell’agenzia immobiliare). Il fatto è che nel tratteggiare le situazioni e i personaggi, la Di Porto costeggia molto spesso lo stereotipo: il regista misterioso, il produttore stronzo, l’amico gay, l’attore che ha abbandonato tutto e ha cominciato a lavorare per strada. E poi, al culmine, la festa dei cinematografari, più desolante che divertente. Non è detto che non ci sia verità al fondo di tutto questo, ma il trattamento resta più sulla superficie, come se il desiderio di accattivare impedisse la completa immersione, fino alle radici del disagio, della stanchezza o, al limite, della rabbia o del disgusto.

 

maria-per-roma-karen-di-portoMa è davvero necessario che sia così? E se la mano leggera non fosse una scelta obbligata, fatta per strizzare l’occhio, ma fosse in realtà un’ispirazione autentica, un modo di guardare al mondo assolutamente personale, come uno sguardo vergine, ancora incantato? Come dice Cesare, l’attore di strada che campa alla giornata e che viene dritto dritto dal precedente cortometraggio della Di Porto – altra giornata semisurreale di un “centurione” che si mette in posa per i turisti – “dove ti giri, giri, Roma è tutta bella”. Può sembrare facile sentimentalismo, ma è in questa dichiarazione d’amore tutto il cuore emotivo del film. Nonostante le incertezze dello stile, la Di Porto riesce a far sentire tutto il suo affetto per le storie e i mondi che racconta. Ha la capacità di interagire davvero con i mille personaggi, piccoli, minuscoli, che incrocia nella sua odissea quotidiana. La signora delle pulizie Tatina, che sa aprire le porte con una lastra radiografica, l’autista Bruno, che discetta sulla puntualità mentre è dal barbiere… e poi i tanti volti incontrati per strada, senza alcuna necessità drammaturgica, quasi fossimo in una specie di nouvelle vague da estate romana, in un’ennesima versione Truffaut/Doinel. In cui si inseriscono, come un’infinita colonna sonora, gli squilli del cellulare, che sono sempre un segno di distrazione, una linea di fuga dal plot. E, alla fine, lungo questi percorsi, il film sembra lasciarsi andare dolcemente alla deriva. Come cullato dalle acque del Tevere, finisce “sotto un ponte”. Ma non è il culmine delle nostre miserie. Se guardi con altri occhi, il mondo non è poi così male.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array